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Record d'autorità
Montagna, Giuseppe
MdM_IT_P_00650 · Persona · [193-? ] -

Presidente dell'Associazione industriali di Pesaro e Urbino nella prima metà degli anni Sessanta.

Monaldi, Pino
MdM_IT_P_00471 · Persona · 1930 giu. 15 - 2003 mar. 1

Pino Monaldi nasce a Montecerignone, piccolo comune dell’entroterra pesarese il 15 giugno 1930. Studia fino alla terza elementare e prosegue con caparbietà come autodidatta. Nell’immediato dopoguerra, ancora assai giovane mezzadro, si segnala come uno dei protagonisti delle lotte mezzadrili nel Montefeltro per l’effettivo rispetto del Lodo De Gasperi, promulgato nel 1947, il blocco delle disdette, la necessità di apportare migliore poderali avvalendosi del maggior numero di braccianti possibile, la rottura di vessatorie abitudini come le regalie. In questo contesto Monaldi guida un vasto movimento di lotta in qualità di organizzatore e capolega dei contadini. In particolare, è impegnato nelle lotte presso il territorio di origine – Montecerignone – e i comuni limitrofi di Montegrimano, Macerata Feltria e Sassocorvaro fino a giungere ai territori più vicini ad Urbino. Come egli stesso ha testimoniato in una raccolta di testi curati in seguito dal dirigente sindacale comunista Elmo Del Bianco: «fu l’inizio di una lunga lotta per il riscatto della dignità dei contadini per acquisire personalità e diritti civili che erano mancati fino a quel momento». In effetti, al centro della piattaforma rivendicativa c’era l’abolizione del tradizionale patto colonico, ampiamente enfatizzato dal fascismo, che ripartiva in modo eguale i prodotti tra chi effettivamente lavorava la terra e il semplice proprietario, nonché la necessità di attivare interventi per le case dei mezzadri, l’abolizione delle regalie consuetudinariamente imposte dal padrone ai coloni e la richiesta di interventi migliorativi sia relativamente ai poderi sia alla viabilità. Un importante ed originale mezzo di lotta che s’impone in quel frangente è incentrato sugli ‘scioperi alla rovescia’ con i quali, ad esempio, armati di piccone, pala e carriola, come ricorda Monaldi, «si sbancò una collinetta e si costruì l’attuale campo sportivo comunale di Montecerignone». Nel frattempo che gli operai lavoravano «le donne e gli anziani andavano a Pesaro in Prefettura per protestare e richiedere i finanziamenti, chiedendo inoltre l’allargamento della [strada] provinciale Montecerignone-Macerata Feltria, di quella di Montegrimano, e dell’attuale circonvallazione di Mercatino Conca». Si trattava di opere ottenute con l’impego diffuso di questa modalità di lotta. La tenacia e l’energia immessa da Monaldi nella guida delle lotte, in particolare sul versante dell’applicazione della ‘tregua mezzadrile’ e sul fronte della resistenza alle disdette padronali immotivate, ne fanno un giovane sindacalista generalmente riconosciuto e stimato tanto da diventare dirigente della Camera del Lavoro di Pergola nel 1955 (fino al 1957) ed essere successivamente chiamato alla Camera del Lavoro di Pesaro dove dirige la Federazione dei lavoratori del legno, dell’edilizia e dei settori affini (Fillea). Sul lato più strettamente politico, egli aveva aderito al Partito comunista nel 1949 per diventarne funzionario pochi anni dopo, nel 1954, mentre dal 1962 è membro del Comitato della federazione comunista. Già consigliere comunale di Pergola, in qualità di dirigente della Fillea vede lievitare sensibilmente gli iscritti alla categoria da un migliaio a quasi cinquemila. È la diretta conseguenza delle trasformazioni produttive che portano a un drastico ridimensionamento delle attività agricole, cui segue una consistente migrazione dalle campagne verso i principali centri costieri (e i loro hinterland) e la diffusione di una rete di piccole imprese nel settore secondario, che sovente assumono il carattere distrettuale, le quali, insieme alla presenza di partiti di massa radicarti sul territorio, costituisce l’ossatura di quella che è stata chiama ‘Terza Italia’. Sono anni – in particolare la seconda metà degli anni Sessanta – in cui cresce la domanda di partecipazione sociale e politica dal basso (in particolare in realtà metalmeccaniche come la Montecatini) e che vedono una difficoltà dello stesso sindacato, dopo l’‘autunno caldo’, ad indirizzare e guidare unitariamente le trasformazioni e le domande di partecipazione che si addensano. Monaldi vive questo periodo da protagonista, prima in quanto componente della segreteria provinciale della Camera del Lavoro (dal 1965), poi da segretario generale, succedendo a Elmo Del Bianco, nel triennio 1970-1973. Già in una sua relazione alla conferenza provinciale di organizzazione della Cgil del dicembre 1970 egli coglie le trasformazioni prodottesi grazie al fatto di aver sancito nei contratti di lavoro «il diritto di assemblea in fabbrica durante l’orario di lavoro […], il riconoscimento dei rappresentanti sindacali, come agenti che hanno il diritto di discutere con l’azienda tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, qualifiche, orario, premi, cottimi, apprendistato, organici, ambienti di lavoro, mense aziendali, nonché il potere di proclamare lo sciopero qualora viene deciso dall’Assemblea dei lavoratori». Di fatto, la proclamazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori, con il divieto di licenziamento senza giusta causa e la reintegrazione nel posto di lavoro, dà nuovo potere contrattuale e consente ai lavoratori di partecipare alle decisioni che li riguardano attivamente all’interno dei luoghi di lavoro dato che le assemblee non si tenevano più in orario extra-lavorativo coinvolgendo solo una minoranza di lavoratori. Sono anni, peraltro, in cui la dialettica sindacale interna alla Cgil è molto accesa con posizioni più moderate, improntate ad un’unità d’azione tra le diverse rappresentanze delle confederazioni sindacali, e posizioni più marcatamente di sinistra che puntano sull’unità delle categorie, trasversalmente alle appartenenze, dove la creazione del sindacato dei consigli al posto delle vecchie commissioni vede prevalere una logica di democrazia di base che in quegli anni si diffonde in diverse realtà e si oppone a forme di burocratizzazione verticistica. In presenza di crisi industriali come quelle delle aziende più rilevanti nel pesarese, per dimensioni e livelli occupazionali, come la Montecatini e la Benelli, la forza accumulata dalla minoranza di sinistra in seno al direttivo sindacale (e tra i lavoratori) crea una spaccatura che si ripercuote anche nel Pci, la cui maggioranza appoggia la linea più prudente. Si giunge, così, ad un avvicendamento tra i segretari generali con la nomina di Olindo Venturi dopo l’VIII congresso provinciale della Cgil. La divisione sindacale porta, successivamente, anche all’allontanamento del referente della sinistra sindacale presso la segreteria provinciale, Luigi Agostini. Monaldi, da parte sua, pur mantenendo rapporti con la Cgil, termina la sua esperienza propriamente sindacale e si dedica al lavoro di piccolo artigiano. Non a caso è tra i promotori del patronato EPASA della Confederazione Nazionale dell’Artigianato di Pesaro e Urbino (Cna), organizzazione all’interno della quale è anche per ben due volte presidente pro-tempore: nel 1985 e nel 1993. Muore a Pesaro il 1° marzo del 2003.

Monaldi, Marco
MdM_IT_P_00636 · Persona · 1961 ago. 30

Nato a Fossombrone.

Mombello, Giacomo
MdM_IT_P_00466 · Persona · 1928 dic. 27 -

Nasce a Bologna il 17 dicembre 1928. È figlio di un impiegato di origine piemontese, Carlo Mombello, e di un’operaia, Olga Cevenini. Gran parte dell’infanzia la trascorre a Torino. Si trasferisce a Bologna nel 1940 soltanto con la madre, dove termina le scuole di avviamento professionale, «perché allora le scuole medie erano riservate a quelli che avevano più soldi». Nella città emiliana conosce la durezza della guerra, ma anche la prima esperienza lavorativa. All’età di tredici anni e mezzo, grazie alle conoscenze di uno zio con uno dei proprietari, viene assunto da uno dei più importanti distributori librari, Messaggerie italiane. In un’intervista descrive questo momento «una fortuna, perché questo coincideva con il mio amore per i libri; già da bambino, non appena avevo due soldi, mi compravo un libro». Il richiamo al fronte colpisce allora molti commessi, tra cui il gestore di una libreria in Piazza della Mercanzia, proprio sotto le due torri: Mombello viene chiamato a sostituirlo. Gli anni in libreria rappresentano un momento decisivo della sua formazione culturale perché gli permettono, non solo di divorare libri, ma anche di confrontarsi con il pubblico attorno alle sue letture. Dopo la guerra un impresario di Rimini gli offre la direzione di un’altra libreria che intende aprire. Così nel 1948 diventa il più giovane direttore di un negozio di libri a Bologna. Ma il nuovo lavoro coincide con l’impegno politico. Nel 1946 Giacomo Mombello si è infatti iscritto alla Federazione giovanile socialista e ha aderito al Sindacato del commercio. La sua partecipazione agli scioperi e alle mobilitazioni dei lavoratori gli costano il licenziamento. Il partito interviene tuttavia, proponendogli l’attività politica a tempo pieno: diventa così prima segretario provinciale, poi regionale della Federazione giovanile. Nel 1949 viene arrestato per la prima volta, durante una manifestazione contro l’adesione al Patto Atlantico.
L’esperienza nella Gioventù Socialista è costellata da molti momenti significativi. Poco più che ventenne partecipa a una delegazione a Baku, in Unione Sovietica, insieme a Italo Calvino. Due anni dopo è invece mandato come rappresentante al festival della Gioventù di Budapest. Nel 1952 si sposa con Roberta Dall'Olio, nata a Ozzano Emilia il 24 maggio 1931. Terminata l’esperienza nella Federazione giovanile, Mombello entra nella Federazione socialista, divenendo responsabile del settore del lavoro di massa. Deve tenere i rapporti con i sindacati, le cooperative e le associazioni di categoria. Sarebbe stato l’apprendistato per il suo futuro impegno da sindacalista, dove acquisisce una coscienza del collettivo.
Nel 1956, sulla base delle ripartizioni di cariche concordate con il Partito comunista, il Partito socialista gli offre la nomina, come componente socialista, alla vice-segreteria della Cgil nazionale oppure la guida della Camera del lavoro di Pesaro o Perugia. Mombello sceglie Pesaro. Subentra così a Giuseppe Angelini, in una realtà dove il Pci è molto forte. Per la prima volta, dal 1946, un non comunista si trova a dirigere la Camera del lavoro. Ma anche per Mombello l’impegno è un’assoluta novità: mai aveva avuto fino ad allora un incarico diretto all’interno del sindacato. La direzione nazionale voleva infatti rivitalizzare il sindacato con l’immissione di forze nuove, in una fase in cui la Cgil sta subendo importanti sconfitte, tra cui la drammatica perdita della maggioranza alla commissione interna della Fiat. Anche in provincia la situazione è sfavorevole: appena insediatosi a Pesaro, Mombello si trova a dover affrontare la perdita della maggioranza da parte della Cgil alla Commissione interna della Fonderia Montecatini: era «la fabbrica più importante, la bandiera più forte che avevamo», avrebbe ricordato Mombello. Al V Congresso provinciale della Cgil, tenutosi il 19 e 20 marzo del 1960, propone una ridefinizione del ruolo e della politica del sindacato nelle compagne: scorge l’inesorabile superamento dell’orizzonte mezzadrile e l’affermazione della piccola proprietà contadina e di un modello cooperativistico. Rivendica inoltre un sindacato attivo e non spettatore del finanziamento da parte dello Stato agli enti territoriali, chiedendo l’elaborazione di piani di intervento pubblico. Infine individua nella lotta aziendale lo strumento fondamentale per intervenire sulle distorsioni delle strutture economico-sociali.
All’impegno sindacale Mombello accosta quello nel partito dove diventa un importante dirigente provinciale. Nel 1959 entra per la prima volta nel consiglio comunale di Pesaro, in sostituzione di Costantino Manchisi. Sarebbe stato confermato ininterrottamente per diverse legislature fino al 1975. Dal novembre del 1960 entra anche in Consiglio provinciale. All’interno del partito aderisce alla corrente di sinistra, in opposizione alla linea autonomista di Nenni. Nel gennaio 1964, dopo la scissione del partito che segue il suo ingresso nei governi di centro-sinistra assieme alla Democrazia cristiana, esce dal Psi per aderire al neonato Psiup: fino al suo scioglimento nel 1972 avrebbe ricoperto le cariche di segretario provinciale e regionale e sarebbe stato un membro della direzione nazionale.
Nel 1965 lascia la segreteria provinciale dopo nove anni, una dei mandati più lunghi nella storia della Cgil pesarese del dopoguerra. Nel 1968, in occasione della IV Mostra internazionale del Nuovo cinema di Pesaro partecipa a una iniziativa in solidarietà con gli operai e gli studenti francesi contro De Gaulle. Il comizio si colloca nel clima di contestazione da parte del movimento studentesco nei confronti dei cineasti e dell’industria del cinema del Sessantotto, che aveva avuto a Cannes il suo momento d’inizio. Ma verso la fine del comizio un gruppo di giovani di estrema destra interviene con alcune provocazioni, la polizia carica i dimostranti, tra cui alcuni registi. Mombello viene fermato insieme a Valentino Orsini. Sarebbe stato rilasciato poco dopo, ma l’ingiusto arresto avrebbe surriscaldato la piazza: gli scontri sarebbero andati avanti tutta la notte.
Nel 1970 Mombello viene eletto nel primo Consiglio regionale delle Marche, venendo nominato capogruppo del Psiup: lo sarebbe rimasto fino al primo marzo 1972 quando il partito confluisce nel Pci. L’ampia stima di cui Mombello gode è confermata dallo stesso Partito comunista, che lo nomina a sua volta capogruppo. Nei quindici anni in cui svolge il suo mandato di consigliere regionale avrebbe ricoperto molteplici incarichi. È tra i membri della Commissione consiliare per lo Statuto regionale e per il regolamento del Consiglio, contribuendo alla stesura della norma statutaria. È inoltre vice-presidente della commissione Affari istituzionali dal 25 settembre 1975 al 5 ottobre 1978. In seguito viene chiamato a presiedere la Commissione permanente sull’istruzione, incarico che ricopre fino al 1980. In questa veste ottiene il varo di due leggi importanti: la legge regionale sulla formazione professionale che la delegava alle unioni dei comuni e la legge per i contributi sul diritto allo studio. Termina il suo impegno in Regione nel 1985, dopo tre mandati consecutivi. Tra 1985 e 1990 ritorna nel Consiglio comunale di Pesaro, sempre nelle file del Pci. Attualmente è presidente onorario dell’Associazione degli ex consiglieri delle Marche.