Giuseppe Righetti nasce a Pesaro il 12 marzo 1926. Appena diciottenne, nel 1944 si iscrive al Partito d'Azione; partecipa poi attivamente alla campagna elettorale per le elezioni politiche e per il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, sostenendo la scelta repubblicana. Al momento dello scioglimento del Partito d'Azione, nel 1947 entra nel Partito Socialista Italiano, del quale è ripetutamente vice-segretario e segretario della Federazione provinciale di Pesaro e Urbino, collaborando attivamente con i massimi dirigenti socialisti nazionali (Nenni, Pertini, Morandi, Basso, Lombardi, Mariotti, De Martino, Brodolini, Corona, Pieraccini, ecc.).
Dal 1951 al 1956 vice-presidente della Fondazione "Gioacchino Rossini" di Pesaro. Dal 1956 al 1975 è vice-sindaco del Comune di Pesaro con i sindaci Fastigi, De Sabbata e Stefanini, svolgendo anche le mansioni di assessore all’edilizia privata. Dal luglio 1969 al 1972 è senatore per il PSI, subentrato in sostituzione di Giacomo Brodolini, deceduto l'11 luglio 1969, svolgendo il ruolo di segretario della I Commissione Affari interni e Costituzionali, e componente della Commissione Sanità. Durante l’attività parlamentare ha un assiduo rapporto di collaborazione con Pietro Nenni, proseguito anche successivamente.
Dal 1975 al 1985 viene eletto consigliere regionale delle Marche per il Partito Socialista Italiano, svolgendo anche l'incarico di Presidente della IV Commissione permanente e di capo gruppo del PSI. Dall’8 settembre 1978 al 18 novembre 1980 è assessore regionale al Bilancio, finanze, formazione professionale, personale, lavoro ed enti locali.
Dal 1986 al 1987 fa parte del consiglio di amministrazione della società SIAI Marchetti del gruppo Agusta (EFIM).
È anche componente del Comitato Regionale di Controllo sugli atti degli enti locali della provincia di Pesaro e Urbino. Per dieci anni è coordinatore regionale nelle Marche dell’Associazione degli ex Parlamentari della Repubblica.
Grazie ad formidabile archivio privato, il sen. Righetti è stato un custode ed un divulgatore della memoria storica del PSI marchigiano e nazionale, con articoli e interventi che riportavano alla luce il ricordo di vicende politiche e amministrative che spesso lo avevano visto protagonista.
È nominato Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria, Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana, a Roma il 27 dicembre 2006, su iniziativa del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi.
Muore a Pesaro in 12 marzo 2015.
Benito Severi nasce a Pergola il 3 febbraio 1926. Proviene da una famiglia di estrazione contadina e antifascista con simpatie anarchiche e comuniste. Completa la scuola primaria e successivamente l’avviamento professionale, ma fin dai 12 anni lavora nel piccolo appezzamento di terra dei genitori e dall’età di 16 anni, fino alla Liberazione, saltuariamente presso i mezzadri della zona. Dal 1944 al 1946 lavora come bracciante agricolo presso l’azienda forestale delle Cesane di Fossombrone, territorio comunale dove la famiglia si era spostata. Inizia ad occuparsi di politica nel 1944 e nell’inverno dell’anno successivo aderisce al Pci presso la sezione di Fossombrone. Poco dopo si occupa di stampa e propaganda nella cellula di San Martino al Piano e nel 1946 costituisce e guida una cellula comunista in una località limitrofa. Parallelamente si sviluppa anche la sua militanza nella Cgil dove è segretario della Camera del Lavoro di Fossombrone fino al 1958. In un frangente è anche membro della segreteria provinciale della Federmezzadri e primo segretario della Confederterra del mandamento di Fossombrone. Gli esordi in qualità di sindacalista lo vedono impegnato in serrate lotte a fianco alle filandaie, ai braccianti e ai disoccupati della zona. Come ricorda lo stesso Severi, si trattava di «quasi mille filandaie che lavoravano in cinque stabilimenti». A Fossombrone la lotta viene portata avanti insieme ad Alfio Tinti della corrente cristiana della Cgil (poi leader della Cisl ed esponente politico della Democrazia cristiana) dove si riescono a costituire le prime commissioni interne nelle fabbriche. Lo stesso vale per i braccianti, che subito dopo il periodo bellico raggiungono la cifra di 980 e sono coloro che «con il Comando Forestale e con le stesse amministrazioni locali hanno rimboscato la Cesana». Severi, in quell’occasione, viene eletto per la Cgil (dopo la rottura del fronte unitario con l’uscita della componente cristiana) con l’88% dei voti nella commissione interna. Tuttavia, è grazie all’unità sindacale con la Cisl, come riconosce lo stesso Severi, che si è giunti a stipulare un contratto per i braccianti. In quel periodo, si dispiega un serrato ciclo di lotte che riguardano gli operai disoccupati guidati dalla Camera del Lavoro in efficaci ‘scioperi alla rovescia’. Si assiste, tra l’altro, al rovesciamento di tutto il selciato di Fossombrone pur di creare cantieri di lavoro e ottenere remunerazioni per gli operai. Queste attività, nel periodo 1949-1950, non passano inosservate presentandosi come forme di disordine pubblico. Così, si assiste all’arresto di 21 operai fra cui lo stesso Severi che sconta tre mesi di carcere nelle celle di Urbino: un intero inverno con un vetro rotto ed unica coperta come ha ricordato in una sua testimonianza. Tali lotte si collegano alla richiesta di messa in atto del Piano del lavoro elaborato dalla Cgil nazionale guidata da Giuseppe Di Vittorio. Sul fronte più propriamente politico, nel 1948 Severi entra nel gruppo dirigente della federazione comunista di cui è membro fino al 1965, mentre nel 1951 è eletto consigliere provinciale, così come nel 1960. Nel 1958, dopo aver condotto la Camera del Lavoro in un ciclo di lotte che gli costano tredici denunce ed altrettanti processi, si conclude l’esperienza forsempronese di Severi che viene incaricato dalla Cgil provinciale di dirigere la Camera del Lavoro di Fano dove rimane fino al 1968. Qui le sue lotte riguardano in particolar modo «le lavoratrici degli ortaggi [alle quali] non si applicavano le tariffe e venivano trattate come schiave». Vi è poi il difficile, in prima battuta, rapporto con marinai e pescatori per strappare un contratto di lavoro, anche se le difficoltà maggiori riguardano gli edili dato che la stragrande maggioranza non riconosceva l’agibilità sindacale delle commissioni interne. Su questo fronte, che vede all’opera problematiche sia di carattere salariale sia inerenti al tipo di sviluppo edilizio della città di Fano, risulta importante il ruolo giocato dall’amministrazione locale all’interno della quale lo stesso Severi ha modo di operare per due consigliature. Nel periodo che va dal 1970 al 1982 – su un’indicazione generale, riguardante anche altri sindacalisti, della dirigenza comunista che faceva allora capo ad Enrico Berlinguer – vi è un passaggio dalle attività sindacali a quelle strettamente partitiche. Severi, ora membro del Comitato regionale del Pci, diventa responsabile dell’organizzazione provinciale del partito, che all’epoca significava curare i rapporti con le sezioni, interfacciarsi con gli amministratori locali, con le organizzazioni sindacali così come artigiane ed agricole. Successivamente, dal 1983 fino al 1990, anno che sancisce lo scioglimento del Pci dopo la caduta del Muro di Berlino, Severi ricopre incarichi amministrativi, sia nel consiglio comunale di Fano sia in quello di Fossombrone dov’era rientrato proprio nel 1983. È inoltre vicepresidente della Comunità Montana del Metauro. In questo frangente, peraltro, si distingue in qualità di rappresentante regionale degli emigrati marchigiani in Belgio, Germania e Francia e nei suoi ricordi non esita a rimarcare quanto l’attuale discorso sugli immigrati in Italia non dovrebbe prescindere dal «ricordare che anche noi lo siamo stati». Di particolare rilevanza, sempre in quegli anni, è il suo impegno, a fianco di Gianna Mengucci, in qualità di componente della commissione regionale sanità del Pci incaricato di seguire le vicende legate al varo del Piano sanitario regionale. Infine, è da segnalare anche l’esperienza di capogruppo di minoranza nel consiglio del piccolo comune di Isola del Piano. Dopo il pensionamento, continua a seguire per il Pds e poi per i Ds i problemi della sanità a livello locale. Successivamente aderisce al Pd. Muore a Fossombrone il 5 febbraio 2013.
Nasce il 20 aprile 1922 a urbino. Entra come funzionario della Cgil è registrato il primo gennaio 1951. Nel 1952 partecipa al corso regionale marchigiano di un mese alla scuola Marabini di Bologna. Il giudizio che il partito dà della sua formazione è lusinghiero: lo descrive come «serio, socievole, disciplinato», molto attaccato al partito, impegnato nello studio, dove dimostra capacità di assimilazione, concretezza e una discreta capacità critica e autocritica. Nel 1953 è nominato alla Camera mandamentale di Cagli, in una zona assai povera di quadri di partito e sindacali. Dopo aver lasciato l’incarico per tentare di mettere su un’attività di stoffe senza successo, nel 1956 riceve una seconda nomina alla segreteria della Camera mandamentale di Cagli. Nel 1957, in un documento è invece indicato come referente della Camera del lavoro di Fossombrone. Elio Salvi in un’intervista testimonia invece che egli rimane a Cagli fino al 1959. Nel 1960 è tra i delegati della Federmezzadri al Congresso provinciale della Camera del lavoro per Fossombrone. Nel 1963 risulta componente della segreteria della Federmezzadri. Nel 1964 è segretario della Federmezzadri di Fano.
Nel 1969 è eletto nel Comitato direttivo della Camera del lavoro provinciale in occasione del VII Congresso, in qualità di segretario della Federbraccianti. Al Congresso del 1973 è eletto nel Comitato direttivo provinciale della Camera del lavoro in quanto segretario provinciale della Federbraccianti.
Nel 1975 è nominato segretario provinciale del Sindacato pensionati. Risulta inoltre nel Direttivo dell’Associazione provinciale agricola.
Nasce il 7 gennaio 1905 in una famiglia di commercianti ambulanti: il padre ha tendenze anarchiche, la madre è cattolica. Ottiene come titolo di studio la quarta elementare. Milita nell’Azione Cattolica dalla nascita fino al 1940, rivestendo la carica di presidente locale per diversi anni. Si specializza come falegname carradore, Durante il fascismo lavora per proprio conto oppure per alcune ditte in Africa. Si sposa e ha due figli. Dal 1939 al 1942 emigra in Germania per lavoro, venendo rimpatriato per motivi disciplinari, avendo protestato sulle condizioni lavorative. Durante questo soggiorno avviene la sua conversione dalla fede cattolica al comunismo. A segnarlo è un episodio, che racconta in un’intervista rilasciata nel 1985. Aveva incontrato dei prigionieri russi e a uno di loro aveva offerto pane e salame. Questo aveva chiesto un coltello e aveva diviso il poco cibo con tutti i nove compagni. «Io cattolico se mi avessero dato un pezzo di pane e un pezzo di salame l’avrei dato agli altri o l’avrei mangiato di nascosto dove non mi vedeva nessuno con la fame che c’ho», si chiede. «Allora è più civile di me». Questa immagine di solidarietà lo avvicina al comunismo. Partecipa alla guerra di liberazione, collaborando al Comando partigiano di Fano. In questa veste partecipa al disarmo di alcuni carabinieri. Finita la guerra, dal 1945 è attivista della sezione di San Costanzo e responsabile di organizzazione. Qui diventa molto popolare tra i contadini della Valle del Metauro. Dal 1946 è attivista di Federazione. Per due anni è responsabile ad Orciano. Nello stesso periodo è nominato membro della commissione provinciale di organizzazione. Nel 1949 viene condannato insieme ad Adolfo Cenci per avere duramente condannato la repressione della manifestazione mezzadrile del 29 luglio. Nello stesso anno viene incaricato del ruolo di segretario della sezione Pci di Fano e, per due anni, anche di quello di segretario della locale Camera del Lavoro. L’anno successivo diventa responsabile di organizzazione della Federmezzadri provinciale. Nel 1952, al Congresso provinciale, viene nominato delegato provinciale al Congresso nazionale della Federmezzadri. In questi anni incorre in un nuovo arresto, in seguito alle manifestazioni condotte nel Montefeltro e nella valle del Metauro, intorno al rinnovo del patto colonico. Nel 1960 è tra i delegati della Federmezzadri al VI Congresso provinciale della Camera del lavoro. In questa occasione viene nuovamente eletto nel comitato direttivo. La nomina gli viene confermata al Congresso successivo, nel 1963. Nel 1963 è all’Ufficio contratti e vertenze della Camera del lavoro. Dal 1951 viene eletto consigliere provinciale, carica che ricopre per svariati mandati fino al 1970.
Renato Ognibene è nato a Modena in una famiglia di antifascisti, a sedici anni lascia la scuola per aderire alla Resistenza, è Partigiano combattente nella Brigata "Aristide", che opera nella zona di Carpi. Dopo la Liberazione riprende gli studi, ma ben presto diventa un dirigente delle Associazioni contadine della CGIL.
Deputato del Partito Comunista Italiano, eletto nel collegio di Parma, dal 1963 al 1972, nella IV e V legislatura, Ognibene fu anche, dal 1978 al 1986, consigliere del Comitato economico sociale dell'Unione Europea. Per anni ha anche operato, al fianco di Omar Bisi, come vice presidente dell'ANPI di Modena. Prima della malattia che l'ha costretto al ritiro e che lo ha portato alla morte, Renato Ognibene aveva avuto modo di dichiarare "...nella vita di una persona, come nella vita di una nazione, ci sono alcuni valori che non si vendono e non si comprano, che non si cedono. Ecco perché la riaffermazione dei valori della Resistenza nella realtà di oggi, a cominciare dalla pace, è il terreno per la costruzione di un rinnovato patto tra le generazioni".
Ognibene ha partecipato alla Costituente Contadina ed è stato vicepresidente nazionale della Confederazione italiana coltivatori (Cic). Ha ricoperto anche la carica di presidente nazionale dell’Inac, il Patronato della Cia.
Nasce ad Acqualagna nel 1934 in una famiglia di origini contadine. La sua formazione politica e sindacale inizia in Umbra, a Gubbio, dove rimane fino al 1954. La prima esperienza nella Cgil è nella Federmezzadri, si avvicina al Partito comunista, ma con posizioni moderate. Emigra in Lussemburgo, quando torna per le ferie dopotre anni gli viene proposto di diventare segretario della Camera del Lavoro di Pergola e vi rimarrà dal 1960 al 1967; successivamente è attivo nella Federmezzadri provinciale, di cui è firmatario, in qualità di segretario, dell’accordo Provinciale intersindacale sulla mezzadria siglato il 21 luglio 1970 presso la sede dell’Unione provinciale degli Agricoltori. Nel 1974 è membro della segreteria provinciale della Camera del Lavoro e nel 1975 segretario della Filtea.