Pierangeli è una figura di spicco dell’antifascismo pesarese, nato nel 1895 a Civitanova Marche, si trasferisce nel 1906 a Urbino dove si forma in un ambiente laico influenzato dalla figura del medico socialista Domenico Gasparini. Nel 2011 raggiunge in Argentina il padre Stefano, direttore artistico del teatro Colón di Buenos Aires, ma nel 1915 torna in Italia e viene chiamato alle armi. L’esperienza della Prima guerra mondiale rafforza le idee socialiste e lo porta a impegnarsi nell’attività politica fin dalle elezioni del 1919. Pierangeli a Pesaro si diploma geometra e nel 1920 si sposta in Veneto a Spresiano dove viene nominato segretario della sezione del Partito socialista. A capo di una cooperativa di muratori inizia da Spresiano un’attività di copertura che gli permette di assumere i compagni socialisti costretti ad allontanarsi da Pesaro. Per seguire il lavoro nei cantieri riesce a spostarsi in diverse regioni e a portare avanti l’attività clandestina per proteggere gli antifascisti pesaresi a cui dà lavoro e sostiene economicamente. Nel 1921 a Pesaro conosce Egisto Cappellini, dirigente comunista fra i fondatori del Partito a Livorno, che sarà il suo contatto con l’organizzazione clandestina del Partito. Pierangeli è controllato dalla polizia e più volte picchiato dai fascisti, viene allontanato da Pesaro nella prima metà degli anni Venti e costretto a trasferirsi in Sicilia e in Calabria. Riesce comunque a mantenere i contatti con Cappellini e quando nel 1931, con una ditta di copertura, vince una gara d’appalto a Sanremo può assumere a lavorare i comunisti pesaresi, fra questi Alfonso Tomasucci, antifascista condannato dal Tribunale speciale e Mario Bertini, che sarà segretario della Camera del Lavoro dopo la guerra, fra i suoi collaboratori avrà anche Ottavio Ricci, nel 1944 comandante della V Brigata Garibaldi Pesaro. Adducendo motivazioni di lavoro Pierangeli, Ricci e Bertini possono andare in Francia a Nizza a recuperare materiale stampato clandestinamente per portarlo a Torino a Cappellini. Da Sanremo Pierangeli riesce a favorire la fuga in Francia dei fratelli Ugolini condannati dal Tribunale speciale e a fornire notevoli aiuti economici al Partito e per la stampa dell’Unità.
Nel 1934 Pierangeli insieme a Claudio Cangiotti acquista la Fornace che verrà utilizzata come sede dell’attività clandestina del PCI e, grazie alla possibilità di muoversi per esigenze dell’azienda, Cappellini può disporre dell’auto per spostarsi sul territorio nazionale.
La mattina del 26 luglio 1943 fra i pesaresi che festeggiano in piazza la caduta del fascismo ci sono anche Pierangeli e Mario Bertini e il 27 nell’ufficio di Pierangeli al n. 8 di via Rossini si decide la costituzione del “Fronte nazionale d’azione”. Dopo l’armistizio si costituisce il Comitato di liberazione nazionale con il compito di organizzare e dirigere il movimento di resistenza. Il 15 settembre 1943 Pierangeli riceve dal PCI l’incarico di prendere contatti con gli alleati. Parte insieme a Vittorio Fanelli di Ancona e Leone Bernardi di Fermo con la sua macchina in quella che Cappellini chiama la “missione Pierangeli” con l’obiettivo di esporre la situazione della costa adriatica in vista di un possibile sbarco a nord, all’altezza di Ancona.
La “missione Pierangeli” si rivela difficile, gli inglesi diffidano dei comunisti e passeranno mesi per ottenere aiuti e armi. Pierangeli rimane bloccato fra Bari, Napoli e Salerno fino alla fine di maggio 1944, partecipa a Napoli il 28 novembre del 1943 alla riunione dei Comitati di liberazione e al Congresso del Comitato di liberazione nazionale a Bari, del gennaio 1944. Come rappresentante del PCI pesarese è in Ancona in agosto e torna a Pesaro prima dell’offensiva sulla Linea Gotica.
Nell’ottobre del 1944 Pierangeli viene nominato Presidente della Deputazione provinciale di Pesaro dal Colonnello Nicholls del Governo militare alleato in accordo con il CLN, subentrando a Claudio Cecchi che aveva ricoperto la carica dal 18 settembre. L’insediamento si tiene il 13 ottobre 1944 a Urbino nella sede dell’Università in quanto la sede della Provincia a Pesaro era inagibile.
I problemi che la Provincia si trova ad affrontare per riattivare i servizi di sua pertinenza sono immensi: strade interrotte, ponti distrutti, l’ospedale psichiatrico occupato dalle truppe alleate con i malati fatti sfollare fuori regione, il consorzio antitubercolare funzionante solo a Urbino, il laboratorio di igiene e profilassi completamente devastato. La difficoltà di avere strumenti e servizi operativi rendeva drammatica la ripresa in un territorio che aveva avuto il maggior numero di distruzione fra le province marchigiane.
La stima dei danni per la provincia di Pesaro era stata calcolata in 30 miliardi di lire, con i danni più gravi in agricoltura nella bassa valle del Foglia a ridosso della Linea Gotica, gravissimi i danni alle industrie con stabilimenti bombardati e macchinari smantellati dai tedeschi, danni enormi alla viabilità e alle case con 37.000 vani distrutti e 87.000 danneggiate, ancora nel 1955 Il Solco denuncia che più di 2300 case coloniche sono inabitabili. Drammatica la condizione della popolazione a cui si aggiunge il dramma del ritorno dei reduci dai campi di internamento. I primi interventi in condizioni di emergenza vengono indirizzati al restauro dei fabbricati pubblici, al ripristino della viabilità, allo sminamento dei terreni coltivabili. Per i lavori nelle strade la Provincia assume personale tecnico e affida i lavori a cooperative esistenti favorendo la costituzione di altre, ma le risorse sono inadeguate e il problema gravissimo della disoccupazione è al centro dell’azione del sindacato e delle forze politiche.
A un anno dall’insediamento, Pierangeli al convegno del CLN, pur tracciando un primo bilancio positivo sull’attività svolta, denuncia la mancanza di risorse per far fronte alla disoccupazione, che nella seconda metà del 1945 ammonta nella provincia a oltre 13.000 unità e promuove un’azione insieme agli amministratori marchigiani per ottenere dal governo un finanziamento straordinario per la ricostruzione.
A maggio del 1945 con l’uscita di scena del Governo militare alleato l’attività politica dei partiti riprende più liberamente. Il partito comunista con una struttura capillare su tutto il territorio e dirigenti che si erano formati durante la lotta clandestina al fascismo e poi nella guerra partigiana riesce a impostare una struttura organizzativa in grado di elaborare programmi per le necessità del territorio provinciale.
Il 1946 vede ancora aumentare la disoccupazione e la ripresa dell’emigrazione in seguito agli accordi con il Belgio. Pierangeli convoca gli industriali e li sprona ad assumere nuovi operai, ad ampliare e modernizzare gli impianti.
Fino al 1946 anche le componenti del mondo cattolico nelle giunte comunali e nella Deputazione provinciale fanno prevalere il senso di responsabilità operando in modo unitario, ma con le elezioni amministrative del 1946, con la netta prevalenza dei partiti di sinistra e dopo il successo del referendum, in cui la Repubblica prevale con il 71,35 % delle preferenze, viene meno quel clima di collaborazione che si chiuderà con la vittoria della DC alle elezioni del 18 aprile 1948.
Le elezioni del 1948 si svolgono in un clima di violenze ed eccessi con frequenti incidenti nel corso dei comizi. Particolarmente astioso il confronto che coinvolge il leader DC Umberto Tupini, attivo nella provincia di Pesaro, che non manca di sferrare attacchi contro Renato Fastigi e Pierangeli.
Pierangeli a sua volta risponde agli attacchi denunciando Tupini per l’utilizzo di fondi pubblici per la campagna elettorale del figlio Giorgio. Polemiche e attacchi personali si ripeteranno anche nelle elezioni del 1951 quando Pierangeli viene accusato da Raffaele Elia, senatore democristiano già segretario del Partito polare di Fano, di violare le norme contrattuali e previdenziali dei dipendenti della Pica, a queste accuse Pierangeli risponde con una lettera aperta in cui invita Elia a presentarsi “senza preavviso” per constatare come alla Pica “sussistano le più ampie garanzie di libertà politica e sindacale per le maestranze […] completi servizi per rendere più confortevole il lavoro (docce con acqua calda, spogliatoi, mensa ecc.)” lo invita poi ad usufruire della mensa “presso la quale viene fornito agli operai un vitto certamente non inferiore a quello somministrato in un buon ristorante”.
La vittoria della DC alle elezioni del 1948, nonostante la tenuta del Partito comunista, è l’occasione, attraverso l’interpretazione strumentale di norme e procedure amministrative, della sospensione per i più svariati motivi, di molti sindaci di sinistra, compreso Renato Fastigi nel 1950. Ma la forzatura maggiore è quella che porta il 12 ottobre 1948 alla sospensione di Pierangeli. Il provvedimento scatena reazioni durissime sulla stampa, si tengono manifestazioni e convegni che si sommano alla crisi economica con il rallentamento dei lavori per la ricostruzione denunciato dalla Camera del lavoro e con una conflittualità altissima che vede nuove forme di lotta nelle campagne, come il sequestro dei padroni a Macerata Feltria e gli scioperi alla rovescia.
Nel clima conflittuale che si era affermato dopo le elezioni dell’aprile 1948 è tuttavia significativo che la giunta della Deputazione uscente di ispirazione ciellenista si presenti unita, con il rappresentante democristiano e quello repubblicano che sconfessano l’operazione politica dei rispettivi partiti riconoscendo i risultati della Deputazione uscente e l’equilibrio del presidente Pierangeli.
Ad illustrazione di quanto realizzato nei quattro anni dalla Liberazione al 15 ottobre 1948 la Provincia pubblica la relazione della presidenza. L’opuscolo di 48 pagine è corredato da fotografie, cartine e grafici, Pierangeli sottolinea in premessa che “attraverso difficoltà d’ogni genere che parevano insormontabili, la Deputazione […] vuole ricordare che fin dai momenti tragici dell’immediato dopoguerra ha saputo dare il primo impulso ed un apporto deciso per la rapida ripresa della vita sociale, finanziaria ed economica della nostra provincia”.
La relazione prosegue illustrando nel dettaglio tutti gli interventi, con particolare dettaglio per il ripristino della viabilità con le foto e le descrizioni dei ponti ricostruiti, la riparazione degli edifici di proprietà provinciale e le nuove costruzioni. Pierangeli affronta anche il problema dell’ospedale psichiatrico, che aveva visitato rimanendo molto colpito per le condizioni in cui erano costretti i malati, proponendo l’acquisto dei terreni, per la costruzione di un nuovo ospedale in cui migliorare le condizioni di vita e di cura dei malati.
L’opuscolo elenca gli interventi per il Consorzio antitubercolare, per la Federazione maternità e infanzia, per l’assistenza agli illegittimi e per il settore artistico e culturale con il finanziamento agli asili, alle scuole, all’ente Olivieri, al concorso delle filodrammatiche, al Liceo musicale Rossini e all’Università. Per il Liceo Rossini ricorda l’impegno economico per integrare i “miseri stipendi” dei professori e per nominare il maestro Franco Alfano, già direttore dal 1942 al 1947 dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, direttore dal 1947 al 1950 del Conservatorio Rossini di Pesaro. Pierangeli che ha una grande passione per la musica conclude che “per la Deputazione resterà la soddisfazione di aver compiuto un atto sentito dai nostri cultori d’arte e dalle popolazioni della nostra provincia, molto sensibili all’arte musicale”.
Nella nuova giunta, presieduta dal democristiano Giuseppe Anfossi, che rimarrà in carica solo per tre anni, la componente comunista è rappresentata dai soli Oliviero Mattioli e Giuseppe Mari. In un clima politico profondamente cambiato dopo le elezioni del 1948, con la rottura dell’unità sindacale e la politica del governo contro i lavoratori, la nuova Deputazione procede con l’attività ordinaria senza l’impulso che aveva caratterizzato il quadriennio di Pierangeli. L’opposizione della sinistra sarà durissima e costruttiva e, a fronte dell’immobilismo di Anfossi, contrappone una intensa attività politica che culmina con la stesura, coordinata da Pierangeli, del “Piano del lavoro” nel giugno del 1950 che prevedeva un complesso di progetti per l’edilizia pubblica, la riforma agraria e bonifica fondiaria.
La Deputazione retta da Anfossi si chiude con le elezioni del maggio 1951 dove socialisti e comunisti recuperano consensi rispetto alle elezioni del 1948. Il nuovo Consiglio provinciale si riunisce il 16 giugno 1951, Pierangeli viene eletto presidente con i voti della maggioranza mentre gli 11 consiglieri dell’opposizione, fra questi anche Arnaldo Forlani, si limitano a votare scheda bianca.
La nuova Giunta presieduta da Pierangeli affronta il problema della disoccupazione che condizionava la ripresa produttiva e lo sviluppo del territorio provinciale. I dati sulle condizioni economiche presentano un panorama drammatico: la disoccupazione aumentata a oltre 15.000 unità con il numero di emigranti in aumento anche a seguito dei licenziamenti nelle miniere della Montecatini. Pierangeli, convinto che le politiche per lo sviluppo dovessero presupporre la conoscenza delle risorse economiche utilizzabili, promuove una ricognizione della realtà provinciale, la costituzione di commissioni per lo studio dei problemi idrici e di indagine sulle risorse del sottosuolo.
Nell’opuscolo “Sulla irrigazione della bassa val Metauro” pubblicato dal PCI, Pierangeli risponde alle polemiche sollevate sul “Giornale dell’Emilia” dalle opposizioni, sottolineando i benefici derivanti dalle opere idriche per l’agricoltura e per l’occupazione. Per la Provincia Pierangeli rivendica un ruolo propulsivo con investimenti produttivi e concreti interventi sulle infrastrutture pubbliche, in contrapposizione a una politica di tipo assistenziale.
Su questi presupposti fra le azioni che la Provincia promuove spiccano le iniziative per la realizzazione dell’autostrada “Adriatica”, a lungo osteggiata dalla DC e dai presidenti delle province di Ascoli e Macerata. Gianfranco Giamperoli, assessore nella Giunta Pierangeli, ricorda anche la sistemazione della rete viaria di competenza con l’asfaltatura che passa dal 13,95% al 48,89%, il piano di valorizzazione delle acque del Metauro, l’aggiornamento della carta geologica e infine la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.
Pierangeli contrattacca deciso agli attacchi personali e a quelli che fanno riferimento alle azioni della Provincia denunciando l’immobilismo alla “Robinson Crosuè” dell’opposizione che si oppone a innovazioni come l’istituzione di autolinee urbane e la realizzazione dell’autostrada, dimenticando “che vi sono servizi, beni ed opere che assumono un grado di economicità non misurabile col ristretto metro dell’interesse individuale e che assurgono al rango di pubbliche necessità di vita e di sviluppo economico-sociale per la collettività”.
Alle elezioni del maggio 1956 socialisti e comunisti si presentano insieme con la lista “Torre, incudine, libro” con un programma che porta lo stesso titolo del Piano del lavoro “Per la rinascita economica e sociale della provincia” confermando un rapporto unitario frutto del lavoro delle precedenti amministrazioni. Il PCI perde consensi rispetto al 1951 e anche la maggioranza relativa a vantaggio della DC, nessuna donna viene eletta a fronte delle tre del precedente mandato. La rivelazione dei crimini di Stalin al XX Congresso del partito comunista sovietico favorisce il successo del partito socialista e l’arretramento del PCI.
Il nuovo Consiglio provinciale si insedia il 21 giugno 1956 e Pierangeli risulta eletto con i voti comunisti e socialisti. Il programma riprende il progetto dell’autostrada, la valorizzazione turistica, il prolungamento della ferrovia fino a San Sepolcro, la ricerca di idrocaburi, il potenziamento dell’istruzione tecnica. Riprendono inoltre gli studi sui problemi dello sviluppo economico della provincia.
Ma a segnare le sorti della Giunta retta da Pierangeli è il terremoto provocato dall’insurrezione ungherese e dalla repressione delle truppe sovietiche dell’ottobre 1956. Il dibattito acceso nel partito e nella città si svolge anche in Consiglio provinciale. Socialisti e comunisti si trovano su posizioni diverse. Per i comunisti le rivelazioni che Cappellini da testimone diretto, aveva fatto dei fatti di Ungheria, sono un elemento di forte imbarazzo.
L’approvazione del bilancio preventivo del 1957 a fine febbraio sarà l’ultimo atto firmato da Pierangeli che inaspettatamente si dimette per motivi personali. La gestione del partito del “caso Cappellini” a cui Pierangeli è legato da una grande amicizia fin dagli anni Venti, sono probabilmente la causa delle dimissioni a cui si aggiungono rapporti sempre più difficili con i socialisti tentati dalla DC per la costituzione di una nuova maggioranza.
Dopo le dimissioni di Pierangeli il Consiglio vota Giuseppe Mari come presidente, che dopo due anni, a un anno dal rinnovo del Consiglio provinciale, deve dimettersi “per accordi intervenuti tra il PSI e il PCI sulla distribuzione delle responsabilità di direzione degli enti amministrati”. Pierangeli nella riunione della Segreteria della Federazione dichiara che voterà per “sola disciplina di partito” il socialista Lottaldo Giuliani alla Presidenza della Provincia, chiedendo che “la Direzione del Partito invii al più presto un suo autorevole dirigente estraneo all’ambiente perché stabilisca le responsabilità per la confusione determinatasi nella Federazione di Pesaro”.
Dopo l’intensa attività politica Pierangeli si dedicherà alla Pica, l’azienda di laterizi fondata insieme all’amico Claudio Cangiotti che, negli anni drammatici del dopoguerra completamente distrutta dai bombardamenti, rinasce grazie al lavoro degli operai come racconta in un’intervista Catervo Cangiotti
“Un gruppo di operai che erano molto affezionati e legati alle nostre famiglie ci aiutarono. Però quei mattoni che si cuocevano in quelle buche non vennero venduti ma vennero usati per ricostruire gli stabilimenti che erano stati distrutti”.
Nelle testimonianze degli operai della Pica di Wolframo Pierangeli viene sottolineata la correttezza e il rispetto per i suoi dipendenti, insieme a Claudio Cangiotti ha condiviso un’idea di fabbrica che nel dopoguerra ha portato le famiglie dei dipendenti dalla povertà a una condizione di benessere, fornendo anche aiuti economici per costruire le loro case e far studiare i propri figli.
Pierangeli, per incarico del Partito comunista, aveva fatto parte di delegazioni in visita nei paesi dell’est Europa dai quali forse aveva tratto ispirazione. Del viaggio in Cecoslovacchia, nell’agosto del 1948, della delegazione formata dal Senatore Egisto Cappellini, da Renato Fastigi, Sindaco di Pesaro e Wolframo Pierangeli, ancora per poco Presidente della Deputazione provinciale, abbiamo una dettagliatissima relazione, in cui Pierangeli, descrive con entusiasmo il sistema produttivo nelle campagne e nelle fabbriche, i benefici offerti ai dipendenti, abitazioni, mense, istruzione gratuita in orario di lavoro, cure mediche anche per le famiglie e assistenza per la maternità, comprese anche attività ricreative e sportive.
Pierangeli, figlio di musicista, con la passione per la musica andrà a ricoprire la carica di Presidente della Fondazione Rossini, contribuendo alla riscoperta di Rossini con la pubblicazione dell’opera omnia in edizione critica nel 1971.
Wolframo Pierangeli muore a Roma il 30 gennaio 1974.
L’Organizzazione anarchica marchigiana (d'ora in avanti Oam) si costituì formalmente a Jesi l'8 ottobre 1972(I). Ne facevano inizialmente parte i gruppi anarchici Bakunin (Jesi), Kronstadt e Berneri (Ancona), Machno (Civitanova Marche), Gruppi anarchici riuniti (Senigallia), 18 marzo (Macerata) e i gruppi di Chiaravalle, Fabriano e Recanati(II). La costituzione dell'Oam avvenne successivamente alla definizione di un primo Patto associativo tra i gruppi anarchici Kronstadt di Ancona e Bakunin di Jesi(III) e alla creazione dei Gruppi anarchici marchigiani, un'organizzazione sicuramente attiva nel 1972, che con ogni probabilità condivise anche un primo documento associativo(IV).
Nel corso della sua storia, l'Oam si compose di un massimo di cinque Sezioni: oltre a quelle formatesi in continuità con i gruppi di Jesi, Ancona (Kronstadt), Macerata e Civitanova Marche, nel 1975 entrò a far parte dell'Oam anche la Sezione Nord, costituitasi in seguito alla confluenza nell'Organizzazione del Coordinamento anarchico provinciale di Pesaro(V). Allo stesso tempo, sono documentati rapporti dell'Oam con gruppi e nuclei di Fermo, Urbino, Sant'Elpidio, Ascoli Piceno e San Benedetto, che sono definiti «simpatizzanti»(VI). Per quanto riguarda il numero degli aderenti, la documentazione conservata nell'Archivio dell'Organizzazione consente di affermare che tra il 1973 (all'epoca del I Convegno nazionale lavoratori anarchici, d’ora in avanti Cnla) e il 1975, il numero dei militanti salì da 15 a 43(VII).
Di particolare importanza per la storia dell'Oam fu in primis la rottura con la Federazione anarchica italiana (d'ora in avanti Fai), consumatasi tra il 1972 e il 1973 a causa della vicinanza dell’Organizzazione, e in particolare dei gruppi di Jesi, Macerata e Civitanova, alle posizioni dei gruppi comunisti anarchici(VIII). L'adesione alla Piattaforma di Archinov e la "separazione" dalla Fai(IX), rappresentarono infatti per l'Oam elementi di discontinuità da un punto di vista strutturale e politico, le cui conseguenze furono riassunte efficacemente nel 1974 da Cesare Tittarelli, militante del Gruppo Bakunin di Jesi e componente della Commissione di corrispondenza (d'ora in avanti Cdc): «ci ha costato l’espulsione dalla Fai, l'isolamento all'interno del movimento, e ci ha spinto come Oam a strutturarsi in sezioni»(X).
Il distacco dalla Fai, inoltre, spinse l'Oam a impegnarsi nel tentativo (non riuscito) di dare vita ad un'organizzazione nazionale alternativa che comprendesse tutti quei gruppi comunisti anarchici dissidenti che facevano parte del cosiddetto Nucleo operativo, il cui obiettivo iniziale, secondo quanto riportato dal militante Tullio Bugari, era compiere una sorta di «golpe anarchico» ovvero «coordinarsi per arrivare al congresso della Fai e conquistare dall'interno la Federazione facendosi affidare la gestione di tutti gli organismi: la Commissione di corrispondenza, il giornale "Umanità nova", i vari comitati»(XI). Sempre secondo la testimonianza di Bugari, le intenzioni del Nucleo furono scoperte e i gruppi dissidenti di fatto espulsi dalla Fai prima del congresso tenutosi a Carrara nel dicembre del 1973(XII). Ad ogni modo, durante l'incontro dei diversi gruppi componenti il Nucleo operativo, svoltosi a Perugia il 17-18 novembre di quello stesso anno e al quale parteciparono, per l'Oam, i gruppi Bakunin di Jesi, 18 marzo di Macerata e Machno di Civitanova Marche, il Nucleo aveva già approvato un nuovo Patto associativo che avrebbe dovuto essere applicato «all'interno della nuova organizzazione nazionale»(XIII).
La posizione del Nucleo operativo, anche in considerazione delle «circolari ultime della Cdc» della Fai, era del resto esplicita(XIV): «all'interno della Fai non c’è più possibilità di dialogo mentre anche fuori della Fai si nota un fermento generale di crescita politica ed organizzativa. La nostra prospettiva non è più di far crescere la Fai in particolare ma contribuire a ridare una svolta all'Anarchismo [...] ed in tale prospettiva noi veniamo a investire un ruolo di primo piano o di punto di riferimento, se non altro perché siamo stati tra i principali artefici di questo scossone o fermento che il movimento anarchico ha subito in questo 1973». Ciò che nel novembre di quello stesso anno il Nucleo operativo si proponeva di realizzare era la definizione di una strategia omogenea al suo interno e la costruzione di un rapporto «dialettico» con il movimento anarchico «nel senso che la strategia che noi elaboriamo non sarà da presentare agli altri gruppi [...] per farla semplicemente accettare, ma dovrà servire da punto di riferimento per i gruppi da noi definiti "simpatizzanti" mano a mano che si sviluppa per esserne a sua volta arricchita con il dibattito». Le modalità previste per lo sviluppo di tale rapporto dialettico erano i contatti individuali e le riunioni comuni, la collaborazione come singoli gruppi qualora non fosse possibile come Nucleo operativo e il lavoro comune a livello locale (nel documento si ricorda infatti come l'Oam stesse discutendo un nuovo Patto associativo «molto vicino» a quello del Nucleo).
In sostanza, il ruolo di punto di riferimento che il Nucleo operativo si riconosceva, e la strategia che intendeva definire, non doveva essere «l'embrione di un'organizzazione specifica da far accettare agli altri» bensì «la indicazione di un processo di crescita che ci porterà all'organizzazione specifica». Lo «strumento organizzativo» individuato era il coordinamento dei trenta gruppi del Cnla entro cui il Nucleo avrebbe dovuto presentare la propria strategia alternativa alla confusione esistente seppure tenendo presente che il Cnla non era «una struttura trasformabile in organizzazione specifica ma solo trasformabile di per se stessa in organizzazione di massa, mentre quegli stessi singoli gruppi, per ora aderenti a tale struttura, dovranno realizzare altrove e su basi organizzative diverse un'organizzazione specifica».
L’unica forma di espressione nazionale di questi gruppi, però, venne di fatto rappresentata esclusivamente dai Cnla, come ricorda lo stesso Bugari: «quello dei Cnla restò per un paio di anni il nostro principale riferimento nazionale. Anzi, l'unico, non appena venne fuori la nostra espulsione di fatto dalla Fai»(XV). L'importanza della partecipazione al I Cnla, del resto, è sottolineata anche dalla Sezione Kronstadt, che nel 1975 riconobbe come questa servì all'Oam anche per: «radicalizzare le concezioni classiste e le necessità dell’intervento operaio», completare la «maturazione classista in atto nel Kronstadt di Ancona», «sganciare ormai completamente i 4 gruppi classisti» (Jesi, Kronstadt di Ancona, Macerata e Civitanova) dagli altri che lasciarono l'Organizzazione «con una serie di polemiche» (il riferimento è probabilmente al Gruppo Berneri di Ancona), «collegare l'Oam al resto del movimento di classe», compreso quello sviluppatosi all'infuori del Nucleo operativo(XVI).
Tornando alla Piattaforma di Archinov, questa definiva un modello organizzativo che l'Oam, così come il Nucleo operativo, riportò nel proprio Patto associativo. La versione del Patto pubblicata dalla Sezione Kronstadt di Ancona il 26 maggio 1974(XVII) è con ogni probabilità la stessa richiamata dal Nucleo operativo nel novembre 1973: strutturato in premesse teoriche, principi organizzativi, strutture organizzative regionali e proposte per l’organizzazione nazionale, contiene i principi e le regole che ogni gruppo intenzionato ad aderire all'Organizzazione avrebbe dovuto necessariamente accettare.
Con riferimento a quanto disposto nella sezione relativa alle strutture organizzative regionali, il Patto specifica come l'Oam rappresentasse non un «semplice coordinamento» tra l'organizzazione nazionale e le sezioni territoriali locali(XVIII) ma la loro «espressione politica unitaria» e come nessuna sezione potesse assumere impegni politici che avrebbero coinvolto l’Organizzazione «senza prima consultarsi con tutte le altre sezioni». Sono quindi presenti riferimenti alla vigilanza che l'Oam avrebbe dovuto svolgere in merito alla rotazione degli incarichi dei «militanti» e al coinvolgimento dei «simpatizzanti», alle modalità di creazione di una sezione e di adesione di un militante nonché allo scopo e alle modalità di svolgimento dell'assemblea regionale.
Le decisioni dell’assemblea coinvolgono tutta l'Oam «in base al principio della responsabilità collettiva»: le sezioni, infatti, sono tenute a discutere in anticipo l'ordine del giorno dell'assemblea (proposto dalla Cdc sulla base delle indicazioni e delle proposte delle sezioni e deciso dall'assemblea stessa nella riunione precedente) e, in caso di assenza, sono tenute ad inviare alla Cdc la propria relazione sugli argomenti oggetto di discussione. Ricevuta la relazione scritta dell’assemblea regionale, debbono trasmettere le proprie posizioni con riferimento a quanto deciso.
La Cdc è affidata a una sezione per un periodo compreso tra i sei mesi e un anno e i suoi compiti sono i seguenti: «scrivere relazioni delle assemblee regionali, diffondere i comunicati delle singole sezioni, mantenere i contatti di corrispondenza con il resto del movimento anarchico, vigilare sulle sezioni che non provvedono a mantenere i contatti fissi con l’Oam, rappresentare tecnicamente l’Oam tutte le volte che sia necessario»(XIX). Alla Cdc, inoltre, spetta anche il compito di gestire la «cassa dell'Oam»(XX).
Le assemblee regionali sono affiancate dai «convegni di lavoro» il cui scopo è elaborare «le teorie, strategie e tattiche dell'Oam sui vari settori d’intervento»; convegni straordinari sono invece convocati su proposta della Cdc o delle sezioni tramite di essa nel caso sia «urgente risolvere determinati problemi politici e organizzativi». Oltre ai convegni di lavoro, l'Oam «si dà strutture di lavoro permanenti o temporanee» (le commissioni) il cui compito consiste nel rappresentare il tramite tra commissioni nazionali e locali, nella redazione di bollettini interni (che comprendono le relazioni locali del lavoro e delle lotte della sezione) e nella redazione di proposte di analisi e intervento delle diverse sezioni in documenti che devono essere "accettati" da tutta l'Oam (nelle assemblee regionali, nei convegni di lavoro e anche tramite corrispondenza) e che «rappresentano poi lo strumento di propaganda esterna dell’organizzazione». Interessante è la precisazione che «le commissioni sono affidate alle sezioni più capaci di lavorare in tali settori, non considerando quindi valido un criterio di rotazione semplicemente automatico».
Il Patto specifica inoltre che l'approvazione di «documenti di corrispondenza» richiede necessariamente l'unanimità e che questo criterio dovrebbe essere osservato anche per l'approvazione di documenti e per tutte le decisioni votate nei convegni o nelle assemblee regionali (anche se è previsto, «in casi eccezionali», che qualora una sezione si trovi in minoranza questa è tenuta «ad applicare verso l'esterno le tesi della maggioranza, riservandosi il diritto di critica verso l'interno»).
Oltre a una serie di disposizioni finalizzate a regolamentare la partecipazione dei delegati delle sezioni ai convegni e ai congressi nazionali, il Patto definisce le modalità di espulsione di una sezione («decisa nell'assemblea regionale o convegno, su proposta della Cdc o di una singola sezione»), l’eventuale simbolo dell’Organizzazione (la A cerchiata) e i colori della bandiera (rosso e nero separati trasversalmente).
Con riferimento alla sezione relativa alle strutture organizzative nazionali, e in particolare alle disposizioni che maggiormente interessano l'attività dell’Oam, si segnala come il Patto associativo specifichi che l'unità organizzativa nazionale sia la «sezione territoriale», che può assumere la forma di raggruppamento zonale, provinciale (è il caso della Sezione Nord, che comprendeva militanti e simpatizzanti di Fano, Pesaro, Montefelcino, Saltara, Mondolfo e Orciano e di Monteporzio, Montemaggiore e San Lorenzo in Campo)(XXI) o interprovinciale, che «deve porre al proprio interno una netta distinzione tra simpatizzanti e militanti». Il militante è definito come chi «per sua formazione politica, ha maturato il proprio inserimento nella lotta di classe in generale e nell'organizzazione in particolare» e che «viene accettato come tale da tutti gli altri militanti della sua sezione territoriale in base a una sua conoscenza teorica sufficiente e ad una disponibilità politica verificata». A lui spettano compiti di collegamento tra i raggruppamenti anarchici, rappresentatività della propria sezione territoriale e dell'organizzazione nazionale nella rispettiva località, oltre che di responsabilità delle proprie azioni di fronte all'assemblea dei militanti della propria sezione. Riguardo ai simpatizzanti, la sezione territoriale «si impegna» a dare loro «gli strumenti per poter crescere politicamente ed arrivare ad essere militanti».
Il Patto specifica quindi che ogni sezione territoriale «regola la propria costituzione interna» e il proprio programma d'intervento autonomamente seppure «in piena armonia» con quella dell’Organizzazione. La linea politica dell'Organizzazione, del resto, «è di esclusiva competenza, nei suoi tratti generali, del Congresso nazionale dell'Organizzazione», che si tiene annualmente ed è convocato dal Consiglio nazionale.
Di assoluto interesse, inoltre, è l’allegato 1 al Patto associativo dell'Oam, datato 24 agosto 1974, che si riferisce in particolare all'organizzazione interna delle sezioni in commissioni e responsabili dei servizi. Le prime sono composte da militanti (che rispondono del loro operato all'assemblea dei militanti) e simpatizzanti e hanno la funzione di garantire all'Organizzazione «il dibattito politico sulla strategia e sulla tattica, nonché l'intervento sul settore specifico» e alla sezione «di avere delle strutture d’intervento pratiche in cui inserire e selezionare i simpatizzanti a livello di impegno politico reale; di redigere bozze di documenti tattici e strategici specifici del settore in cui opera, da sottoporre all'assemblea dei militanti». I responsabili dei servizi, invece, ricoprono funzioni tecnico-esecutive nel servizio specifico (ad esempio segreteria, cassa, simpatizzanti, biblioteca): eletti a rotazione dall'assemblea dei militanti (che può revocare l’incarico assegnato in qualsiasi momento) restano in carica per un periodo variabile da tre a sei mesi.
Di particolare rilievo sono infine i compiti attribuiti al segretario di sezione (responsabile della segreteria), eletto dall'assemblea dei militanti e «approvato» da quella dell'Oam («e revocabile in qualsiasi momento allo stesso modo») che è incaricato di «coordinare e controllare il lavoro dei militanti e delle commissioni, conformemente ai deliberati dell'assemblea dei militanti e di quella dell'organizzazione; di tenere la corrispondenza ed i contatti con le altre sezioni e con la Cdc; di mantenere vivo il circolo delle informazioni tra militanti; di corrispondere della continuità del lavoro della sezione di fronte all'organizzazione». Questi, «nei limiti del possibile», deve essere sempre presente alle riunioni e ai convegni regionali insieme al delegato («che è il portavoce politico della sezione»).
Per quanto concerne le vicende istituzionali dell'Oam, la documentazione conservata nell'Archivio dell'Organizzazione consente di ricostruirne i passaggi più significativi anche in relazione alle disposizioni contenute nel Patto associativo.
In primo luogo è necessario sottolineare il ruolo centrale ricoperto dalla Cdc affidata alla Sezione Bakunin di Jesi e in particolare a Cesare Tittarelli e Tullio Bugari dalla costituzione dell'Oam fino a tutto il 1975 (quindi per un periodo ben più lungo di quello previsto dal Patto associativo). Questa, infatti, oltre alle attività previste dal Patto, svolse anche «compiti politici di controllo e di richiamo alla serietà organizzativa»(XXII), come ampiamente dimostrato dalle circolari e dai verbali di riunioni dei primi quattro anni di attività dell'Oam. All'indomani delle dimissioni della Cdc di Jesi, del resto, è significativo che l'Oam si ponesse l’obiettivo di «ridimensionare» i compiti della Cdc «con il graduale funzionamento efficiente di una segreteria regionale composta dai segretari di sezione, con funzioni tecniche e tuttora da precisare, che permetta sia un decentramento degli incarichi e delle responsabilità, sia un alleggerimento del lavoro da affidare alla Cdc e per rendere più funzionali le commissioni regionali»(XXIII). Queste, nel 1975, erano affidate alla Sezione Kronstadt di Ancona (Commissione sindacale), Nord (Commissione politica) e 18 marzo di Macerata (Commissione scuola)(XXIV). Riguardo alla loro attività, è opportuno richiamare invece la relazione del Gruppo Kronstadt di Ancona del 18 novembre 1975(XXV), in cui si afferma che «hanno cominciato a funzionare realmente da quest'estate almeno quella sindacale e quella politica». Nel documento, infatti, si contesta lo scarso funzionamento della Commissione scuola, riconducibile anche alle difficoltà attraversate dalla Sezione di Macerata a causa della fuoriuscita di alcuni militanti particolarmente preparati.
La predetta relazione, inoltre, è utile per ricostruire ulteriori aspetti della storia dell'Oam: da un punto di vista organizzativo, nel novembre 1975, è interessante notare come il Kronstadt rimarchi che «gran parte del lavoro tecnico e teorico dell’organizzazione ricade sulla sezione», che ha anche il compito di mantenere i collegamenti nazionali nell'ambito dell'attività della Commissione sindacale interregionale, mentre da un punto di vista politico, invece, è opportuno sottolineare come il Kronstadt, che nella sua relazione approfondisce i diversi momenti di crisi attraversati dall'Oam nella sua storia, e le relative cause, attribuisca la più recente spaccatura interna avvenuta in occasione delle elezioni amministrative del 1975 a uno «sviluppo caotico e localistico» dell'Organizzazione e, soprattutto, a un non radicato inserimento nella classe proletaria.
Nel corso del 1976 la situazione non migliorò, tanto che si aprì una fase di «verifica» dell'attività dell’Organizzazione; mentre da una parte, quindi, si impose il dibattito sull'opportunità di modificare il nome dell'Oam in Organizzazione comunista libertaria (d’ora in avanti Ocl), al fine di favorire in un certo qual modo il processo che avrebbe dovuto condurre alla nascita di quell'organismo nazionale "inseguito" fin dai tempi dell'attività del Nucleo operativo, dall'altra si materializzò la rottura delle Sezioni Kronstadt e Nord con il resto dell'Oam. Per quanto riguarda la discussione sulla denominazione dell'Organizzazione, è significativo quanto espresso dalla Sezione Kronstadt in una sua relazione del 31 gennaio 1976(XXVI): la Sezione, infatti, si rifiutò di avvallare tale scelta per questioni di opportunismo ovvero per esigenze tattiche affermando con forza come il cambiamento della denominazione dovesse essere necessariamente preceduto da un chiarimento definitivo della posizione teorica dell'Oam riguardo al marxismo, nonché su questioni collegate quali ad esempio la partecipazione di un’organizzazione rivoluzionaria a un governo. La mancanza di tale chiarimento causò quindi, nel maggio 1976, le dimissioni di diversi militanti delle Sezioni Kronstadt e Nord; dimissioni che probabilmente rientrarono in attesa dell'esito del congresso di rifondazione dell'Oam previsto per quello stesso anno(XXVII). Nel dicembre del 1976, però, la Sezione Kronstadt, rivolgendosi ai compagni delle diverse Sezioni dell'Oam, inoltrò formalmente la propria «richiesta di autonomia»(XXVIII). Le cause che portarono alla formulazione di tale richiesta sono da ricercarsi, con ogni probabilità, sia nella mancata ridefinizione («anche critica») della base teorica dell'Oam (Ancona del resto sottolinea come non accetti e non attui interamente il Patto associativo), sia nel mancato supporto da parte delle altre sezioni nel confronto avviato da Ancona con diverse organizzazioni comuniste libertarie (in particolare quella di Milano) al fine di «poter costituire un polo di riferimento politico tramite il giornale e i bollettini di agitazione per tutto il movimento comunista libertario e per tutte una serie di avanguardie larghe»(XXIX).
Dal contenuto della richiesta di autonomia della Sezione Kronstadt si evince quindi come la Sezione anconetana non intendesse uscire dall'Oam bensì trasformarla in una «struttura federativa di intervento (a livello di sintesi)» e come, a causa della mancata partecipazione delle diverse sezioni al confronto con l'Ocl di Milano, queste non potessero impedire alla Sezione Kronstadt di proseguire i contatti con Milano stessa(XXX). Ad ogni modo, tali contatti proseguirono e portarono alla nascita del periodico "Fronte libertario della lotta di classe", di cui la Sezione di Ancona curò la redazione dopo un’iniziale gestione da parte dell'Ocl milanese(XXXI). Il periodico, come ricordato dalla Commissione di relazioni del Collettivo comunista libertario di Livorno, rappresentava l'unico strumento che avrebbe consentito di avviare un confronto tra le varie organizzazioni, anche se «nell'attuale situazione di disgregazione del movimento comunista libertario» non poteva essere confuso «con un embrione nella costruzione dell'organizzazione nazionale»(XXXII).
La richiesta di autonomia della Sezione Kronstadt rappresenta in un certo qual modo l'inizio di un processo di disgregazione dell'Oam che portò al suo scioglimento: per ricostruire le modalità con cui l'Oam cessò la propria attività, considerata anche la sostanziale scarsità della documentazione degli anni 1977-1979 conservata nel suo Archivio, sono quindi di fondamentale importanza le interviste rivolte da Luigi Balsamini ad alcuni ex militanti dell'Oam stessa(XXXIII).
Innanzitutto è bene precisare che l’unico a riferire di uno scioglimento formale dell'Organizzazione è Tullio Bugari, che ricorda come ciò avvenne all'inizio del 1979 «in una riunione ristretta ma rappresentativa» che si tenne a casa sua; tale riunione, però, sembra sancire una situazione di fatto già consolidata(XXXIV). Già nel 1977, infatti, alcuni militanti descrivono un contesto in cui l'attività dell'Oam sembra essersi di fatto già avviata verso la conclusione: Michel Mattioli sostiene che «l'inizio della fine» può essere individuato nel periodo successivo al Convegno contro la repressione svoltosi a Bologna dal 22 al 24 settembre 1977 («dopo quella fase non si parlava più di Oam e non ricordo iniziative fatte a nome Oam»), mentre Michele Gianni afferma che nel 1977 «abbiamo smesso di incontrarci come Oam» e che «è venuta meno l'organizzazione regionale».
In estrema sintesi, come riportato da Mattioli, «è successo che, gradualmente, i gruppi delle diverse città hanno cominciato a ridividersi, facendo venire meno il senso di un'organizzazione regionale. Fano lavorava su certe cose, Ancona iniziava a muoversi su altre, mentre i gruppi del Sud delle Marche sono praticamente scomparsi». Una disgregazione graduale dovuta, oltre alle divisioni su cui ci si è precedentemente soffermati, a fattori quali il clima "pesante" generato dall'azione delle Brigate rosse e dalla repressione messa in atto dalle forze di polizia, le istanze fatte emergere dal femminismo, l’adesione di alcuni alla Fai, il tentativo di ricostituzione dell’Unione sindacale italiana (d’ora in avanti Usi) e più in generale, come ricordato da Michele Gianni, dall'«esaurirsi di quella spinta che aveva caratterizzato il movimento degli anni Settanta».
Con riferimento alla testimonianza di Tullio Bugari, l'«ultimo atto significativo dell'Oam» fu la partecipazione, nel 1978, al congresso che avrebbe dovuto sancire la ricostituzione dell’Usi, che però non venne approvata. Secondo Bugari, l'attività dell'Oam proseguì per altri cinque o sei mesi «ma molto allentata».
Nonostante l’attività dell'Oam fosse sostanzialmente cessata, è infine opportuno tenere presente come in alcune circostanze il nome dell’Organizzazione continuò a essere utilizzato, come testimoniato da Michel Mattioli («in realtà qualche volta usammo ancora il nome Oam, ma ci serviva per chiedere degli spazi, per attività strumentali, nonostante non esistesse più una struttura organizzata»).
NOTE
(I) Cfr. Archivio dell’Organizzazione anarchica marchigiana (d'ora in avanti AOam), serie Carteggio amministrativo, fasc. "1972", b. 1, fasc. 1, il verb. di riunione dell'8 ott. 1972, di cui si riporta un estratto: «Riguardo la pregiudiziale di alcuni compagni circa l'autonomia dei gruppi marchigiani rispetto a specifiche organizzazioni nazionali si è discusso sull'attributo da darci. Nella discussione il compagno del Berneri ha chiarito la posizione sul rapporto tra i gruppi, rapporto che deve e può essere unicamente federativo [...] Un compagno del Kronstadt ha ribadito che pur d'accordo è preferibile non darci una etichetta specifica. Alla fine riconfermando l’autonomia dell'insieme dei gruppi ci si è accordati sul darci l'attributo di Organizzazione anarchica marchigiana».
(II) Cfr. ibid., sono i gruppi anarchici invitati alla riunione dell'8 ott. 1972 di cui alla nota I.
(III) Cfr. ibid., il "Patto associativo tra il Gruppo anarchico Kronstadt di Ancona e il Gruppo anarchico Bakunin di Iesi" (s.d.), in cui è specificato che inizialmente l'unione «ha carattere giovanile ed è ristretta ai gruppi di Jesi ed Ancona, comunque è aperta a eventuali aperture».
(IV) Cfr. ibid., "Documento associativo dei gruppi anarchici marchigiani" (s.d.); i gruppi anarchici citati nel documento (firmato da «Gruppi anarchici marchigiani - Cdc presso Gruppo Bakunin»), sono i seguenti: Bakunin (Jesi), 18 marzo (Macerata), Berneri e Kronstadt (Ancona), Gruppi anarchici riuniti di Senigallia, Machno (Civitanova Marche) e i gruppi anarchici di Recanati e Fabriano. Facevano inoltre parte dell'«unione» i compagni isolati di Marotta, Chiaravalle e di altre località non specificate. Per una ricostruzione dell’attività dei gruppi precedentemente alla costituzione formale dell'Oam si rimanda alla documentazione conservata nel fasc.
(V) Cfr. ad esempio ivi, fasc. "Organizzazione anarchica marchigiana (Lettere, circolari, eccetera)", b. 1, fasc. 3, il verb. di riunione del Coordinamento anarchico provinciale di Pesaro del 5 apr. 1975 e ivi, fasc. "Delle Sezioni dell’Organizzazione anarchica marchigiana tra loro. 1975", b. 3, fasc. 22, il rendiconto finanziario intestato a «Oam Sezione Nord» del 18 apr. 1975.
(VI) Vedi ivi, fasc. "Relazioni e Bollettini Commissione Sindacale Interregionale", b. 19, fasc. 21, "Bollettino" della Csi, n. 5, [1975].
(VII) Ibid.
(VIII) Cfr. ad esempio ivi, serie Carteggio amministrativo, fasc. [1974-1975. Documenti dell'Organizzazione anarchica marchigiana], b. 2, fasc. 17, la relazione della Sezione Kronstadt di Ancona ("Oam - situazione, sezioni, commissioni, proposte"), Ancona 18 nov. 1975: i gruppi di Jesi, Macerata e Civitanova sono definiti come «neoclassisti» del Nucleo operativo della Fai; del gruppo Kronstadt di Ancona si ricorda invece come gradualmente si stesse avvicinando «alle posizioni di classe».
(IX) Cfr. Gino Cerrito, La Plate-Forme d'Archinov, disponibile all’indirizzo http://www.nestormakhno.info/italian/cerrito.htm (pagina consultata in data 04/09/2016): «La "Piattaforma" redatta probabilmente da Pietro Archinov (e appunto perciò per lungo tempo presentata come sua opera personale) venne discussa per vari anni da un numeroso "gruppo di anarchici russi in esilio" cui per qualche tempo si aggiunsero persino alcuni giovani polacchi. La sua pubblicazione in lingua russa (e in lingua francese) apparve nel novembre del 1926 sotto il titolo "Plate-Forme d’organisation de l’Union Generale des Anarchistes - Projet", Ed. des Oeuvres internationales des éditions anarchistes-Libraire internationale, Parigi 1962».
(X) Cfr. AOam, serie Carteggio amministrativo, fasc. "Delle Sezioni dell’Organizzazione anarchica marchigiana tra loro. 1974. 1° semestre", b. 2, fasc. 15, circolare interna della Cdc, [1974].
(XI) Cfr. l'intervista di Luigi Balsamini a Tullio Bugari del 3 dic. 2015. Tutte le interviste realizzate da Balsamini e citate nell'ambito della descrizione del record di autorità "Organizzazione anarchica marchigiana" sono contenute in: L. Balsamini, Fonti scritte e orali per la storia dell'Organizzazione anarchica marchigiana (1972-1979). Inventario del fondo archivistico a cura di Matteo Sisti, Bologna, BraDypUS, 2016 (Strumenti, 1), pp. 135-309.
(XII) Cfr. l'intervista a Bugari di cui alla nota XI: Bugari ricorda inoltre che i gruppi aderenti al Nucleo operativo reagirono all'espulsione organizzando a Milano un congresso alternativo, con l'obiettivo di dare vita ad un nuovo soggetto (l'Unione anarchica italiana?), cui però non seguì alcun atto concreto.
(XIII) Cfr. AOam, serie Carteggio amministrativo, fasc. Patto associativo dell'Organizzazione anarchica marchigiana, b. 1, fasc. 8, "pagine libertarie", n. 3, nov. 1973.
(XIV) Ibid., pp. 19-20 ("Posizione del N.O. rispetto al movimento anarchico"), da cui sono tratte le informazioni riportate in riferimento al programma del Nucleo operativo.
(XV) Cfr. l'intervista a Bugari di cui alla nota XI.
(XVI) Vedi nota VIII.
(XVII) Cfr. ivi, fasc. Patto associativo dell'Organizzazione anarchica marchigiana, b. 1, fasc. 8, il "Patto associativo. Premesse teoriche. Principi organizzativi. Strutture organizzative regionali. Proposte per l'organizzazione nazionale", Ancona, 26 mag. 1974 (documento a diffusione interna con un allegato del 24 ago. 1974 titolato "Struttura della sezione in commissioni e responsabili dei servizi").
(XVIII) Il Patto specifica che l'Oam è formata da sezioni e non da gruppi e che queste si compongono di militanti; i «militanti isolati», invece, non fanno capo direttamente all'Organizzazione ma aderiscono alla sezione della città più vicina.
(XIX) Cfr. AOam, serie Carteggio amministrativo, fasc. "[Documenti 1973-1976] da archiviare", b. 2 fasc. 11, la circolare interna della Cdc contenente norme per l’invio della corrispondenza all'Oam in cui si richiede, se possibile: la spedizione di una copia dei documenti a ciascuna sezione oppure la spedizione alla Cdc di tante copie per quante sono le sezioni oppure la spedizione di una sola copia alla Cdc specificando se ulteriori copie sono state trasmesse alle diverse sezioni.
(XX) Cfr. ad esempio ivi, fasc. "1972", b. 1, fasc. 1, la circolare interna del 26 nov. 1972 in cui si stabilisce che la cassa comune dell'Oam è affidata alla Cdc, che mensilmente è tenuta a presentare il resoconto finanziario.
(XXI) Vedi nota VI.
(XXII) Ivi, fasc. "[Documenti 1973-1976] da archiviare", b. 2, fasc. 12, la circolare interna contenente il verbale di riunione dell'Oam del 27 dic. 1975: la Cdc «è affidata al compagno A. della Sezione di Ancona».
(XXIII) Ibid.
(XXIV) Cfr. ivi, fasc. "Delle Sezioni dell’Organizzazione anarchica marchigiana tra loro. 1974. 2° semestre", b. 2, fasc. 16, comunicazione della Cdc, Jesi 28 nov. 1975.
(XXV) Vedi nota VIII.
(XXVI) Cfr. AOam, serie Carteggio amministrativo, fasc. "Organizzazione anarchica marchigiana (Lettere, circolari, eccetera)", b. 1, fasc. 3, l'allegato alla relazione di "Verifica Oam" in ampliamento al punto Oam-Ocl, Ancona 31 gen. 1976.
(XXVII) Cfr. ivi, fasc. "Organizzazione anarchica marchigiana. Circolari, lettere, eccetera", b. 3, fasc. 19, la lettera dei compagni di Ancona a tutti i compagni delle Sezioni dell'Oam "Sul perché della nostra richiesta di autonomia: ovvero l'Oam intesa come organizzazione di sintesi", Ancona 29 dic. 1976.
(XXVIII) Ibid.
(XXIX) Ibid.
(XXX) Ibid.
(XXXI) Cfr. l'intervista di Luigi Balsamini a Nicola Sabatino del 24 lug. 2015. Vedi anche AOam, serie Documenti a stampa, sottoserie Fascicoli organizzati per tipologia documentaria e autore, fasc. [Fronte libertario della lotta di classe], b. 20, fasc. 24.
(XXXII) Vedi ivi, serie Carteggio amministrativo, fasc. "Organizzazione anarchica marchigiana. Circolari, lettere, eccetera", b. 3, fasc. 19, la lettera della Commissione per l'Oam e organizzazioni diverse, Livorno 22 set. 1977.
(XXXIII) Oltre alla già citata intervista a Tullio Bugari (vedi nota XI), i militanti dell'Oam intervistati da Luigi Balsamini cui ci si riferisce sono i seguenti: Michele Gianni (intervista del 15 set. 2015), Michel Mattioli (intervista del 19 dic. 2015), Patrizio Nocchi (intervista del 4 feb. 2016).
(XXXIV) È significativa a questo proposito anche la testimonianza di Michel Mattioli: «Come dissi scherzando tempo fa in un'occasione in cui ci siamo rivisti, ancora aspetto una comunicazione "ufficiale" della chiusura dell’Oam».
Istituito nel 1925 con regio decreto 1767, dal 1998 è trasformato da ente pubblico a fondazione.