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Registo de autoridade
Valpreda, Pietro
MdM_IT_P_00559 · Pessoa singular · 1932 ago. 29 - 2002 lug. 6

Nato a Milano. Aderisce all'anarco-individualismo, nel 1969 si trasferisce a Roma dove frequenta il circolo Bakunin e poi fonda il Circolo anarchico 22 marzo. Nei giorni successivi alla Strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 fu additato, con Giuseppe Pinelli, come colpevole dal tassista Cornelio Rolandi, che dichiarò di averlo portato col suo taxi in piazza Fontana. Con Valpreda furono arrestati anche altri cinque aderenti al Circolo anarchico 22 marzo. Valpreda venne accusato anche dall'ex estremista di destra, poi avvicinatosi agli anarchici, Mario Merlino. Valpreda subì un forte linciaggio mediatico dai giornali che lo presentarono come "il mostro di piazza Fontana". Valpreda rimase nel carcere di Regina Coeli per più di 3 anni, fino al 29 dicembre 1972, quando, insieme ai suoi compagni, fu rimesso in libertà provvisoria per decorrenza dei termini di durata delle misure cautelari. La sua scarcerazione fu possibile grazie ad una legge ad personam, la cosiddetta legge Valpreda (legge n. 773 del 15 dicembre 1972) che introdusse limiti alle misure cautelari anche nei casi di reati gravissimi (tra cui la strage), in contrasto con la norma precedentemente in vigore, secondo la quale un imputato per reati gravissimi non poteva essere scarcerato prima della sentenza di assoluzione.
Nel 1979 la Corte d'assise di Catanzaro condannò Valpreda e Merlino a 4 anni e 6 mesi anni di reclusione, solo per il reato di associazione sovversiva mentre i neofascisti Freda e Ventura con l'agente segreto Guido Giannettini ebbero l'ergastolo con l'accusa di strage; nel 1981, con la formula dell'insufficienza di prove, sia Valpreda che Freda, Giannettini e Ventura e tutti gli imputati vennero assolti. Dopo il lungo iter giudiziario (annullamento in Cassazione, assoluzione in appello), la prima sezione della Cassazione presieduta da Corrado Carnevale, pose fine al procedimento dopo 18 anni, confermando nel 1987 l'assoluzione per Valpreda (su richiesta del procuratore generale) e per gli altri indagati. Venne riconosciuta, nel frattempo, anche l'innocenza del deceduto Pinelli. Durante il secondo processo d'appello il sostituto procuratore generale chiese per Valpreda l'assoluzione con formula piena, ma i giudici lo assolsero per insufficienza di prove.

Uscito di prigione, Valpreda continua la militanza anarchica, appassionandosi alle tematiche del localismo e del federalismo, vende libri per Einaudi e apre un locale. Valpreda scrive in carcere molte poesie e un diario che verranno pubblicati negli anni '70, assieme all'epistolario. Nei primi anni 2000, collabora con Piero Colaprico alla scrittura di tre romanzi aventi come protagonista il maresciallo Binda, un investigatore onesto e sempre dalla parte delle vittime. Il quarto libro è stato scritto quasi interamente da Colaprico, a causa della morte di Valpreda. Valpreda contribuì alla realistica descrizione di luoghi come i bassifondi milanesi in cui Binda si muove con i suoi informatori, del carcere di San Vittore, dei circoli anarchici e di periodi storici come la contestazione studentesca.
Valpreda muore all'età di 69 anni dopo l'aggravarsi della malattia che lo aveva colpito da parecchio tempo.

Reggiani, Vero
MdM_IT_P_00544 · Pessoa singular

Nasce a Fossombrone il 22 gennaio 1928. Inizia l’attività a livello sindacale nella Camera mandamentale del lavoro cittadina. Nel 1948 si iscrive al Partito socialista. O meglio è la madre, una filandaia a iscriverlo. Entra nella Camera del Lavoro di Fossombrone assieme a Benito Severi. Partecipa alle lotte agricole combattute nel comprensorio e agli scioperi alla rovescia nei cantieri di rimboschimento delle Cesane. Nel 1952 comincia a lavorare in un’assicurazione, quando viene chiamato a Pesaro a lavorare per il sindacato. Viene destinato assieme a Nino Gabbani all’Ufficio contratti e vertenze. Nel frattempo viene eletto nel 1956 consigliere provinciale per il Psi. È inoltre delegato nella Federmezzadri: al IV Congresso viene nominato nel comitato direttivo, incarico rinnovatogli al V Congresso, nel 1957 e al VI, nel 1960. In quest’ultimo figura anche tra i delegati al Congresso nazionale insieme ad Aldo Banchi e Pino Monaldi. Rimane nel sindacato fino al 1964 quando viene nominato assessore provinciale per il Psiup. In occasione dello scioglimento del Psiup nel 1972 aderisce al Pci. Nel 1964 viene eletto per la prima volta al Consiglio comunale di Pesaro, incarico rinnovatosi alle elezioni del 1969. Continua a ricoprire incarichi fino al 1974, quando decide di dimettersi per disaccordi con il partito rispetto all’avvicinamento alla Democrazia cristiana.

Costantini, Giovanni
MdM_IT_P_00577 · Pessoa singular · 1920 set. 10 - 2014 ago. 1

Giovanni Costantini nasce a Lunano (PU) il 10 settembre 1920 da una famiglia di mezzadri che ne segnerà profondamente le scelte politiche. Frequenta la scuola elementare fino alla quinta classe ma continua a formarsi culturalmente applicandosi come autodidatta. Nel 1940, come molti suoi coetanei, è richiamato nell’esercito ed inviato ad Idria (nell’attuale Slovenia) dove resta per due anni quando, grazie all’arruolamento nell’Arma dei Carabinieri, ottiene un trasferimento a Bari e successivamente è spostato nelle Marche, a Senigallia. Le atrocità e le disillusioni proprie della guerra di conquista fascista sono le principali molle per Costantini, come per tanti suoi coetanei, che lo inducono a sviluppare una coscienza politica critica. Ciò lo porta già nel 1943 ad iscriversi al Pci (è membro di cellula e poi del comitato di sezione di Macerata Feltria) e conseguentemente, dopo l’8 settembre, ad offrire la sua collaborazione ai partigiani presenti nella zona di Macerata Feltria. Prudentemente, Costantini si tiene in una posizione non particolarmente esposta per sfuggire ai bandi di Salò. È tuttavia costretto a prestare lavoro coatto per la Todt (l’impresa di costruzioni creata dal Ministro nazista Fritz Todt che dapprima operò in Germania e poi nei paesi occupati dalla Wehrmacht) ed è quindi impiegato nella costruzione della strada che consente di raggiungere la località limitrofa di Pietrarubbia. Immediatamente dopo la Liberazione, si segnala come uno dei principali e più attivi promotori nell’organizzazione delle leghe contadine e al contempo della strutturazione della Camera del Lavoro di Macerata Feltria. Qui, su sollecitazione di Augusto Gabbani, figura storica dell’antifascismo pesarese, già promotore delle prime leghe contadine e sindaco socialista di Pozzo Alto nel 1920 (e successivamente aderente al Partito Comunista d’Italia), Costantini diventa dal 10 gennaio 1946 il dirigente del sindacato agricolo relativamente al mandamento di Macerata Feltria (precedentemente era stato incaricato dalla ricostituita Federazione provinciale comunista di riorganizzare la Confederterra). Come ricorda egli stesso, si deve al «compagno Mariano Berzigotti [l’inizio] di questa attività. [Egli] era segretario della Cdl e organizzava sia i mezzadri che i pochi operai presenti». Se fino a quel momento non vi erano state lotte particolarmente estese, dal 1946 s’inizia a curare l’organizzazione in misura più capillare fino a costituire 35 leghe nei 13 comuni del mandamento nell’arco di poco più di un anno (luglio 1947). Segue la costituzione di comitati comunali con la presenza di leghe in tutte le frazioni più importanti che vedono una partecipazione ed un entusiasmo diffuso da parte degli iscritti. Gli scopi delle leghe si condensano in rivendicazioni varie (ad esempio sul versante delle regalie), ma l’obiettivo di fondo, come ricorda Costantini, è «la terra ai contadini, [ovvero] la terra doveva essere assegnata ai contadini. Questa era la spinta maggiore [dato che] i contadini si sentivano schiavi». Su questo fronte, Costantini sottolinea, da un lato, il freno giocato dalla religiosità sul lato dello sviluppo di una coscienza sindacale antagonista visto che oltre il 95% dei contadini del Montefeltro si riconosceva nella religione cattolica (e sovente erano gli stessi preti i proprietari dei poderi, creando così dei veri e propria traumi identitari nei coloni), dall’altro, quanto lo spirito combattivo dei contadini derivasse da «condizioni assurde, disastrose […], che oggi non è possibile immaginare: strade piene di fango che arrivava alla pancia delle bestie, disinteresse dei proprietari a ricercare l’acqua, nelle abitazioni nevicava, dalla stalla veniva su il fetore in cucina, sotto la finestra [c’era] il letamaio». Da queste descrizioni si può comprende l’asprezza del ciclo di lotte che a ridosso del secondo dopoguerra coinvolse le leghe dei contadini e in particolare i mezzadri nell’area del Montefeltro. Costantini è tra i principali dirigenti a promuovere “scioperi alla rovescia” a Mercatale di Sassocorvaro e, dopo lo «sciopero del bestiame», insieme a Secondo Giannini (all’epoca alla guida della Camera del Lavoro di Macerata Feltria), è tra i protagonisti, il 28 dicembre 1947, di quel che viene denominato “sequestro dei padroni”: un’azione, originariamente animata dalla richiesta di ripartizione del 55% dei prodotti per i coloni e il 5% per le migliorie poderali, dunque ben oltre la recalcitrante applicazione da parte padronale del Lodo De Gasperi, che porta 3.000 persone a Macerata Feltria con i proprietari che firmano un accordo presso la Camera del Lavoro che di per sé ebbe solo un valore simbolico dato che poi seguirono le disdette. Costantini ricorda peraltro come tale dimostrazione è stata importante sul «piano psicologico» con molti padroni che da quel momento, pur dopo una serie di disdette, «hanno cominciato ad abbassare la testa». Quest’azione, tuttavia, gli costa un’accusa di concorso in sequestro di persona che solo nel 1956 si conclude con un’assoluzione per insufficienza di prove. Inoltre, il 17 luglio del 1948 era già stato arrestato in seguito alle agitazioni successive all’attentato al segretario del Pci Palmiro Togliatti. Resta in carcere quaranta giorni con l’imputazione di blocco stradale da cui, anche in questo caso, viene assolto per insufficienza di prove. Ad ogni modo, le lotte nelle campagne riprendono vigore e portano, nell’agosto del 1948, alla promulgazione di una legge che recepisce la cosiddetta “tregua mezzadrile” incentrata su una divisione del 53% del prodotto e l’accantonamento del 4% del reddito annuale proprietario per migliorie poderali da far eseguire ai braccianti. Il 1948 è anche un momento di passaggio importante per Costantini che lo vede chiamato a dirigere la Federmezzadri, mentre dal 1951 al 1953 è membro della segreteria della Camera del Lavoro provinciale (diretta prima da Giuseppe Angelini e poi da Giuseppe Chiappini). Come è stato sottolineato, le qualità dirigenziali di Costantini emergono sul lato dell’analisi critica degli obiettivi delle lotte contadine e nella «consapevolezza, ad esempio, di dover superare la fase della semplice richiesta di applicazione delle leggi mezzadrili, per indirizzarsi verso obiettivi produttivistici e i programmi contenuti nel Piano del Lavoro», pur con le difficoltà di promuoverli in un contesto di politica nazionale sfavorevole. Su questo fronte, egli è anche pronto a cogliere «l’interesse dei giovani mezzadri verso la meccanizzazione e l’esigenza di sviluppare tra loro iniziative creative». Nell’approccio di Costantini, vi è anche la necessità di indirizzare l’azione sindacale nei confronti dei mezzadri non iscritti e una particolare attenzione, non certo così diffusa all’epoca, è diretta alla valorizzazione della componente femminile. Le donne, in effetti, pur essendo state negli anni precedenti costantemente presenti nelle manifestazioni non ricoprono cariche dirigenziali e scontano una certa difficoltà da parte dei capilega a comprenderne il possibile ruolo all’interno del sindacato da cui deriva l’assenza di un legame organizzativo solido nei loro confronti. Il 1956 si rivela, invece, un tornante importante nella vita (non solo) politica di Costantini. Infatti, nell’ottobre di quell’anno, in seguito ad un viaggio nelle cosiddette “democrazie popolari”, in particolare a Praga e Varsavia, ha modo di entrare in contatto direttamente con le condizioni socio-economiche dei paesi dell’Est, guidati da partiti comunisti, rimanendone deluso. In particolare, a non impressionarlo favorevolmente sono la gestione delle fabbriche e delle cooperative, le condizioni di lavoro nelle miniere (e la condizione lavorativa femminile) nonché il basso tenore di vita. In quell’anno si verifica anche la repressione sovietica in Ungheria nei confronti delle proteste popolari, di diverso orientamento, insorte prima tra gli studenti e poi tra consistenti fasce della popolazione contro l’ingerenza sovietica. Ciò induce all’esautorazione dello stesso governo comunista riformatore in carica (che aveva accolto gran parte delle istanze dei manifestanti e si era spinto a proclamare la neutralità dell’Ungheria) guidato da Imre Nagy che a sua volta è poi processato e condannato a morte. Costantini, tuttavia, lascia il Pci solo nel 1958 provocando, così, una cesura netta con il suo passato di militante e dirigente di estrazione comunista. Dopo un breve momento di difficoltà, egli è impiegato come caporeparto nel Consorzio agrario e poi, inquadrato come ispettore commerciale, presso la ditta Petrini di Bastia Umbra. Da un punto di vista amministrativo, Costantini ricopre diversi incarichi, prima in qualità di consigliere e vicepresidente dell’Ospedale San Salvatore di Pesaro, successivamente commissario straordinario del Consorzio di bonifica (1969-1975) e membro dell’Ente regionale di sviluppo (1968-1978). È inoltre consigliere provinciale eletto nelle liste della Democrazia cristiana tra il 1961 e il 1965. Il suo antecedente impegno sindacale ha anche modo di essere riversato nel mondo cooperativo a partire dal 1970 (a favore dell’Unione delle Cooperative) e dal 1970 al 2001 nella CASA in cui ha modo di ricoprire anche la carica di segretario regionale. Muore il 1° agosto 2014.

Negrini, Angelo
MdM_IT_P_00578 · Pessoa singular
Stimilli, Sandro
MdM_IT_P_00591 · Pessoa singular · 1922 set. 12 - 2007 mar. 3

Dopo il diploma magistrale nel 1939, si iscrive alla facoltà di Magistero dell'Università di Urbino. Vince due concorsi banditi dalle Ferrovie dello Stato e viene assunto nel 1942 prima a Loreto per prendere poi servizio ad Ancona. Chiamato alle armi nel febbraio 1943, frequenta il corso allievi ufficiali a Poggioreale del Carso. La guerra lo sorprende a Novate (Pisa) da dove, abbandonata la divisa, raggiunge Ancona. Ripreso il lavoro in ferrovia comincia a frequentare un gruppo di antifascisti, tra cui ex ferrovieri anarchici licenziati nel 1922 ed entra in contatto con i partigiani locali.
Dopo la liberazione sono gli stessi anarchici che, benché Stimilli abbia aderito al Partito comunista italiano dal gennaio 1942, favoriscono il suo inserimento nel comitato promotore della ricostituzione del Sindacato Ferrovieri Italiani. Nello stesso tempo viene anche assorbito dalle attività della Camera del lavoro di Ancona. In occasione del Primo Congresso nazionale del Sindacato ferrovieri italiani (1946) entra a far parte del comitato centrale e si trasferisce a Roma.
Nel 1960 lascia il Sindacato ferrovieri italiani per essere eletto nella segreteria confederale della CGIL da dove si dimette nel 1967 e gli viene affidato l'incarico di rappresentare la CGIL presso la segreteria della Federazione sindacale mondiale con sede a Praga. Allo scadere del mandato rientra in Italia e gli viene affidato di lavorare sul suo progetto di unificare le sei categorie dei lavoratori dei trasporti.
Alla costituzione della Fist (Federazione italiana sindacati trasporti) al congresso di Livorno, nell’aprile del 1973, viene nominato Segretario generale, carica che manterrà fino al 1980 quando, nel marzo del 1980, a Livorno, si celebra il Congresso Costitutivo della Filt-Cgil con la fusione delle 6 Federazioni di categoria dei trasporti: il Sindacato Ferrovieri Italiano, la Federazione Italiana Autoferrotranvieri ed Internavigatori, la Federazione Italiana Facchini Trasportatori ed Ausiliari, la Federazione Italiana Lavoratori del Mare, la Federazione Italiana Lavoratori dei Porti e la Federazione Italiana Personale Aviazione Civile.
Stimilli nel 1980 lascia l'attività sindacale ed offre la sua collaborazione al PCI riguardo alle problematiche dei trasporti.
Muore ad Ancona nel 2007.

Lancione, Alfredo
MdM_IT_P_00605 · Pessoa singular · 1912 set. 13-

Alfredo Lancione, nato a Pescara, è stato allievo del Conservatorio "Gioacchino Rossini" negli anni accademici 1936-1937 e 1937-1938, dove ha conseguito il diploma superiore in violoncello sotto la direzione di Amilcare Zanella. Negli anni Cinquanta e Sessanta è Segretario del Sindacato professori d'orchestra di Pesaro. Viene chiamato per un concerto in Sudafrica nel 1956.

Angelotti, Jole
MdM_IT_P_00606 · Pessoa singular

Violinista, nelle memorie di Carlo Betti viene ricordata un'azione partigiana contro una pattuglia tedesca all'Apsella di Montelabbate, in cui Jole Angelotti ebbe un ruolo di primo piano. Nel dopo guerra collaborò con Alfredo Lancione alla Segreteria del Sindacato professori d'orchestra di Pesaro.