Nasce l’8 settembre 1920, in una famiglia del ceto medio: di origine contadina la madre, impiegato il padre, che ricopre per qualche tempo la carica di segretario del fascio della frazione urbinate Trasanni. Anche Chiappini partecipa alle organizzazioni giovanili fasciste, venendo però radiato nel 1938 per indegnità, dato il suo assenteismo, e per non aver pagato la tessera. Nello stesso periodo, durante la guerra di Spagna, comincia a interessarsi di politica. Nel 1942 ottiene il diploma alle magistrali, divenendo insegnante elementare. Aderisce al Partito comunista nel novembre 1945, alla sezione di Urbino. Nel 1946 è nominato segretario di cellula. Dal giugno dello stesso anno al settembre del 1947 è segretario di sezione a Urbino. Nel 1948 viene cooptato nel Comitato federale. Al secondo Congresso provinciale della Cgil del 1949 risulta tra i delegati al Congresso nazionale. Nel 1950, da segretario provinciale della Confederterra, viene arrestato per vilipendio alle forze armate. Nel 1951 lascia la Confederterra per ricoprire l’incarico di responsabile commissione lavoro di massa della federazione del Pci. Nel 1952 assume per un breve periodo la carica di segretario della Camera del Lavoro della provincia di Pesaro.
Segretario del Sindacato provinciale facchini di Pesaro negli anni Quaranta e Cinquanta.
Nato e vissuto sempre a Villa Fastiggi (Pesaro), appassionato collezionista di oggetti del mondo contadino.
Nasce a Pesaro il 23 febbraio 1937 in una famiglia operaia. Frequenta le scuole elementari a Villa Fastiggi, poi la scuola media inferiore serale a Pesaro. Dall’età di 11 a quella di 14 anni è fabbro meccanico. Si occupa di lavori vari: dalle ringhiere, alle reti da letto alla chiusura dei cofani.
Verso i 16 anni lascia questo lavoro per diventare falegname e dopo un paio di anni entra nel mobilificio Fastigi. Lo ricorda come una delle poche fabbriche del pesarese interamente sindacalizzata. Qui comincia la sua attività politica: si iscrive nella segreteria provinciale dei giovani comunisti e, compiuti 18 anni, è scelto dalla Cgil in quella fabbrica come attivista di reparto. Si chiude un cerchio famigliare: anche il padre, partigiano, era stato iscritto alla Cgil. Lino Mengucci ricorda in un’intervista di avere avuto allora la proposta di guidare la federazione giovanile comunista, ma di non aver potuto accettare per motivi economici, data la mancata sicurezza di uno stipendio. Data la buona conduzione di alcuni scioperi che ottengono alcuni risultati gli viene tuttavia prospettato un impegno a tempo pieno nel sindacato. Comincia a lavorarvi il 1 maggio 1961, a ventitré anni.
Nel 1963 risulta nel Comitato direttivo della Fillea, guidata da Pino Monaldi. Al suo interno Mengucci è segretario del legno. Gli iscritti in quel momento sono pochi, appena 130. Ma si trattava un settore in espansione: al momento della sua uscita avrebbe contato circa 3000 iscritti. Dopo cinque anni, viene chiamato nel direttivo nazionale. In seguito gli verrebbe proposta anche la segreteria nazionale del sindacato Legno. Alla fine degli anni Sessanta, viene scelto come rappresentante della Cgil nazionale, in occasione della festa del primo maggio a Berlino. Vi si deve recare da solo: il delegato della Toscana designato assieme a lui non lo aveva potuto accompagnare per un ricovero improvviso della moglie. «Mi prese un accidente ma accettai. Mi venne data una busta lettere con il biglietto d’aereo per arrivare a Berlino. Non sapevo niente di quello che avrei dovuto fare e dove sarei dovuto andare. Mi diressi verso l’aeroporto e mi venne incontro Vigiani, un compagno, che non appena mi vide mi presentò a due grandi politici che erano lì con noi, e cioè Bufalini, che fu un senatore autorevole del Pci, e Segre che fu il responsabile per la politica estera nel Pci» racconta in un’intervista rilasciata nel 2005.
Nel 1972 è nominato nel direttivo della federazione unitaria Cgil, Cisl e Uil. Al Congresso del 1973 è eletto nel Comitato direttivo provinciale della Camera del lavoro come segretario provinciale del sindacato per il legno e nel Comitato direttivo provinciale Inca. Insieme a Lorenzo Cicerchia è inoltre segretario della Federazione lavoratori costruzioni, l’organismo unitario che teneva insieme i sindacati di settore delle tre confederazioni. In questi anni guida l’occupazione della Cassese di Mondolfo, fabbrica di cornici di quattrocento operai che esportava in tutta Europa, contribuendo al suo salvataggio. Conduce inoltre una lunga, difficile battaglia contro la Confindustria, perché fosse riconosciuta la nocività di alcune macchine, che nei mobilifici producevano onde elettromagnetiche, causando impotenza nei dipendenti. Il suo impegno sarebbe stato immortalato, nel mezzo di un’assemblea, nel documentario La salute non si vende, girato in parte a Pesaro e uscito nel 1977.
Dopo essere stato a lungo segretario nel settore Legno e all’interno della Fillea, diventa direttore del patronato Inca. Dal 1975 al 1977 è nominato tra i membri della Segreteria camerale. Le ultime esperienze in Cgil avvengono ai trasporti, infine alla Filcams. Lascia il sindacato negli anni Ottanta per passare alla Lega cooperative provinciale, ma vi torna, da pensionato, nel 1987. È infatti per quattordici anni segretario responsabile del Sunia e infine collabora allo Spi.