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Notice d'autorité
Massi, Emidio
MdM_IT_P_00465 · Personne
Tatò, Antonio
MdM_IT_P_00468 · Personne · 1921 nov. 5 - 1992 nov. 5

Nato e morto a Roma è stato un giornalista, politico e dirigente sindacale. Si laurea alla Sapienza a Roma in giurisprudenza e già dagli anni del liceo frequenta l'associazione cattolica “Dante e Leonardo”. Dal 1939 svolge attività clandestina antifascista. Viene chiamato alle armi nel 1941 ma, allo scadere di una licenza di convalescenza, non si presenta alla visita di controllo e riprende l'attività politica militando nel “Partito Comunista Cristiano” (1941-1943). Collabora, con Pietro Ingrao, Franco Rodano, Lucio Lombardo Radice, al giornale clandestino Pugno chiuso, di cui esce un solo numero nel 1943. Nel maggio 1943 viene arrestato e portato nel carcere romano di “Regina Coeli”, rinviato a giudizio dal Tribunale speciale e dal Tribunale militare (come ufficiale dell'esercito accusato di attività sovversiva in zona di guerra), scampa i processi e la sicura fucilazione grazie alla caduta del fascismo il 25 luglio 1943. Nel settembre 1943, sotto l'occupazione tedesca, è tra i fondatori del “Movimento dei cattolici comunisti” insieme a Franco Rodano e altri. Scrive articoli su Voce Operaia, organo alla macchia dello stesso Movimento. Partigiano combattente, comandante per il MCC della V Zona militare di Roma (S. Lorenzo, Portonaccio, Tiburtino III, Pietralata, Ponte Mammolo), gli viene riconosciuto il grado di capitano.
Dopo la liberazione di Roma, con lo scioglimento del “Partito della Sinistra cristiana” (prosecuzione del MCC) il 9 dicembre 1945, Tatò aderisce al Partito Comunista Italiano, e diventa vice-responsabile della Commissione lavoro di massa, nel 1972 viene eletto al Comitato centrale del PCI. Quando, nel 1991, il PCI si trasforma in PDS, Tatò, sostenitore della mozione Occhetto, viene nominato nella presidenza della Commissione di garanzia.
Nel 1959 è eletto nel Consiglio Generale della CGIL; nel 1968 costituisce e dirige l'Ufficio Studi della CGIL. Nel luglio 1969 è chiamato alla direzione del PCI come capo dell'Ufficio stampa e segretario di Enrico Berlinguer; lo rimane fino alla morte di quest'ultimo (1984).
Intensa la sua attività di giornalista: nel 1987 fonda e dirige l’agenzia di stampa “Dire”; responsabile del Servizio stampa e dell'Ufficio studi della CGIL (1949-1968), dal 1951 dirige, scrivendovi numerosi articoli, il Notiziario della CGIL, poi Rassegna sindacale; scrive anche articoli di carattere sindacale ed economico sul Dibattito politico (1954-1959), con lo pseudonimo Vindice Vernari) e su vari altri giornali e periodici.
Fra i suoi scritti inoltre: i tre volumi della biografia di Di Vittorio, pubblicati negli anni dal 1968 al 1971 e, a cura di Francesco Barbagallo, “Caro Berlinguer”, pubblicato nel 2003 da Einaudi.

Santini, Raul
MdM_IT_P_00478 · Personne
Mollaroli, Adriana
MdM_IT_P_00496 · Personne · 1954 nov. 30 -

Adriana Mollaroli è nata a Serra S.Abbondio (PU) il 30 novembre 1954, dopo aver frequentato il Liceo Scientifico a Pergola si è laureata, con il massimo dei voti, in lettere moderne all'Università La Sapienza di Roma con il prof. Carlo Muscetta con una tesi sulla memorialistica comunista. Impegnata nel movimento studentesco, si è iscritta al PCI nel 1975, nella cosiddetta "leva berlingueriana". Rientrata nella provincia di Pesaro, ha fatto parte del gruppo dirigente della federazione del PCI.
A metà degli anni '80 ha iniziato un'esperienza di lavoro politico nella CGIL occupandosi del settore commercio (FILCAMS) e del coordinamento delle donne. Nel 1986 lascia la Cgil per lavorare nella scuola. Dal 1994 al 2010 è eletta nelle istituzioni, prima in Consiglio Comunale a Fano e nella giunta comunale a dirigere le politiche educative; successivamente, per due legislature in Consiglio Regionale.
Dal 2010 è insegnante all'I.T.A. " A. Cecchi" di Pesaro.

Maoloni, Mario
MdM_IT_P_00533 · Personne · 1944 ago. 1 -

Mario Maoloni nasce il 1° agosto 1944 a Poggio di Bretta, frazione di Ascoli Piceno. Proviene da una famiglia di origini contadine da cui apprende i valori di onestà e condivisione dell’essenziale. Il padre sceglie la professione di carabiniere per alleviare le condizioni economiche della famiglia contadina, nel 1944 era distaccato presso Monte San Giusto in provincia di Macerata, la madre, casalinga, aveva frequentato la scuola fino alla quarta elementare. Il padre in seguito viene trasferito a Filottrano e poi a Senigallia dove la famiglia lo raggiunge. Nel 1951 Maoloni inizia ad andare a scuola a Senigallia, in un primo momento dalle monache, ma poco dopo deve seguire gli spostamenti lavorativi paterni cosicché prosegue gli studi nel pesarese, a Pozzo Basso, in un edificio in cui vi è la sede dell’ambulatorio del medico del paese e due sole stanze per le diverse classi, tanto che Maoloni condivide la classe con la sorella pur essendo di un anno più giovane. Nel 1956 il padre è trasferito a Pesaro dove Maoloni frequenta le scuole medie. Qui il primo anno ha la fortuna di avere tra i suoi insegnanti il professor D’Elia, padre del poeta pesarese Gianni D’Elia, poi trasferitosi al Liceo classico Mamiani di Pesaro. In base ai suoi ricordi, quest’incontro sarà una felice eccezione sia in quegli anni sia rispetto alle scuole medie superiori, quando frequenta ragioneria più che altro perché non conosceva il latino. Successivamente frequenta la Facoltà di Economia e Commercio, quando essa era ancora ad Ancona pur essendo un distaccamento dell’Università di Urbino. In questo ambito Maoloni ricorda di avere avuto degli insegnanti ‘incredibili’ nonché intellettuali già allora coinvolti nel dibattito pubblico non solo nazionale quali Giorgio Fuà, Claudio Napoleoni, Romagnoli, docente di diritto, Alberto Caracciolo e Alessandro Pizzorno. La formazione cattolica della famiglia (in particolare della madre) lo porta a vivere le prime esperienze all’interno di questo mondo. Infatti, chi in età giovanile ebbe un forte impatto nella sua maturazione fu Don Gianfranco Gaudiano, figura rilevante della cultura non solo religiosa pesarese. Con lui, insieme ad alcuni amici, ha anche modo di condividere esercizi spirituali presso l’Eremo di Montegiove a Fano. Don Gaudiano e Maoloni hanno modo di discutere di molti temi, tra cui la povertà estrema presente in interi continenti come ad esempio l’Africa. Maoloni, dopo la lettura di alcuni libri sull’argomento, e sulle cause economiche che vi sono alla radice, si confronta con Don Gaudiano su quale possa essere la strada più efficace per almeno ridurre sensibilmente le disuguaglianze. Se dal lato cattolico il principale approccio è rivolto verso la carità, Maoloni, frequentando l’università, in quel frangente ha modo di incontrare i testi di Karl Marx e prima ancora di alcuni marxisti come Paul Baran e Paul Sweezy. Da allora diventa marxista, pur continuando un dialogo attento, sulla base delle distinte posizioni, con Don Gaudiano. Sul fronte degli studi universitari Maoloni inizia a lavorare ad una tesi sui piani quinquennali in India nata da un suggerimento di Claudio Napoleoni con cui aveva sostenuto tre esami e con cui si era instaurato un rapporto di autentica cordialità e stima. Per i suoi studi finalizzati alla tesi entra in contatto con un istituto di ricerca come lo Svimez (con sede a Roma). Nel frattempo, tuttavia, Napoleoni si era trasferito a Napoli e Maoloni, non potendo seguirlo, si laurea con Giorgio Fuà discutendo una tesi sul sottosviluppo nel novembre del 1968. Nel 1969 deve partire per svolgere il servizio militare e si ammala di tubercolosi. In realtà, l’intenzione iniziale di Maoloni era quella di dedicarsi ad un’attività di volontariato, insieme alla futura moglie, per due anni in Congo. Ciò gli avrebbe permesso, sulla base della legislazione dell’epoca, di non svolgere il servizio militare vista l’attività di volontariato prestata, peraltro per un tempo superiore rispetto alla leva, all’estero. Tuttavia, a causa della sua adesione al Pci avvenuta a metà degli anni Sessanta, gli venne negata la possibilità di trasferirsi in Congo. Così, in seguito alla malattia, la leva per lui dura due anni, tanto che esce dal sanatorio di Trebbiantico, di Pesaro, dov’era stato trasferito dal sanatorio di Udine, nel febbraio del 1971. Pur essendo abilitato all’insegnamento decide di non percorrere quella strada e a marzo dello stesso anno è già alla Camera del Lavoro di Fano nel ruolo di segretario dopo aver avuto rapporti, negli anni universitari, con la Camera del Lavoro di Pesaro, in particolare con Luigi Agostini, e i componenti della segreteria provinciale dell’epoca, amico stretto dai tempi dell’Università, all’epoca membro della segreteria provinciale e segretario della Fiom. A Fano lavora a stretto contatto con Riccardo Spaccazocchi e Pietro Cancellieri. In quegli anni, con altri compagni, in particolare a Pesaro con Agostini, si facevano dei corsi presso le sedi sindacali che così si aprivano ai lavoratori in orari più accessibili e diventavano un luogo di condivisione. I corsi vertevano sull’organizzazione del lavoro e su come difendersi dalle politiche padronali. Ciò creava un legame saldo, non solo politico, ma di amicizia autentica che portava i sindacalisti ad essere in primo piano anche quando si trattava di occupare una fabbrica come nel caso, tra gli altri, del Calzaturificio Serafini in cui la lotta si protrasse per due mesi al fine di far rientrare il licenziamento di 70 operai su 200 occupati. Tuttavia, la concezione ortodossa che riteneva prioritaria l’azione partitica e la difficoltà ad accettare il dissenso non poteva tollerare un’autonomia troppo estesa nella direzione sindacale delle lotte fino a mettere in discussione la centralità del partito. Così, la dirigenza del Pci provinciale fa sentire il suo peso e in un direttivo della Camera del Lavoro allargato ad un membro della segreteria nazionale della Cgil (Aldo Giunti), nel novembre del 1974, si decide di trasferire Maoloni alla direzione della scuola sindacale di Ariccia e Luigi Agostini alla direzione della Fiom di Treviso. Quella scelta, pur non ledendo i legami con i compagni di base, di fatto sancisce la fine di un rapporto con la Cgil pesarese e anche l’emarginazione di quelle posizioni più di sinistra e incentrate sulle rivendicazioni operaie, a partire dalla questione salariale, dentro il partito che a loro volta dovevano trovare un raccordo con la costituzione di nuovi strumenti di partecipazione politica esterni alla fabbrica. Infatti, il superamento delle Commissioni interne a vantaggio dei Consigli di fabbrica, con i rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori, andava di pari passo con l’approccio per cui «i Consigli di Zona avrebbero avuto il compito di raccordare gli interventi politici e di lotta a livello territoriale». Giunto ad Ariccia, Maoloni vi rimane due anni girando tutta l’Italia per fare corsi sindacali. Nel 1976, dopo uno dei suoi corsi tenutosi a Schio, nel vicentino, area in cui vi era una diffusa presenza di industrie meccaniche e tessili, gli viene proposto di guidare la Camera del Lavoro di Vicenza. Dopo pochi giorni, Rinaldo Scheda, membro della segreteria nazionale della Cgil, dopo una richiesta ufficiale giunta dalla stessa Camera del Lavoro e dato che chi ne era alla guida era in procinto di lasciarla per candidarsi alle elezioni per il Psi, chiede a Maoloni se effettivamente concorda con la possibilità di trasferirsi a Vicenza. Maoloni accetta il trasferimento e inizia, così, un’esperienza che dura due anni, sicuramente faticosi visto che si trattava di anni in cui, tra l’altro, erano già operative le Brigate Rosse. Maoloni, con il passare del tempo, ritiene che vi siano dirigenti più capaci e radicati in quel contesto territoriale caratterizzato, in quel frangente, anche da uno scontro tra Cgil e Flm sulla guida delle politiche rivendicative dei metalmeccanici. In tal senso, sempre dopo un confronto con Scheda, emerge la possibilità di ricoprire un ruolo dirigenziale presso la segreteria regionale marchigiana della Cgil, allora guidata dal socialista Rolando Pettinari. Durante quell’esperienza, in cui ha il compito di seguire le fabbriche, si trova pressoché sempre in minoranza. In un periodo come quello della fine degli anni Settanta ed inizio anni Ottanta caratterizzato da un’imponente fase di ristrutturazione, Maoloni deve seguire diverse vertenze che interessano aziende in crisi. Tra queste si segnala quella del gruppo romagnolo Maraldi costituito da zuccherifici e tubifici. Per uno di questi tubifici, che si trovava nel porto di Ancona, è prevista una chiusura. Il consiglio di fabbrica dell’azienda proclama lo sciopero ma la segreteria regionale della Cgil, a maggioranza, decide di non partecipare. Maoloni invece aderisce e partecipa alla manifestazione che porta all’occupazione della stazione di Ancona da parte dei lavoratori della Maraldi. La segreteria della Cgil condanna l’azione e rimprovera Maoloni per avere aderito alla manifestazione. Al di là della giustezza o meno di azioni simili, ciò produce, innanzitutto, la separazione tra lavoratori e sindacato, nonché l’incapacità di quest’ultimo di orientare le lotte senza che sfocino in azioni eventualmente controproducenti. Le crisi aziendali si ripetono e coinvolgono anche le Cartiere Miliani all’epoca connotate nella proprietà dalle partecipazioni statali. In questo caso reali problemi legati all’innovazione tecnologica e alla produttività venivano utilizzati dalla dirigenza per una riduzione del personale e la privatizzazione dell’azienda. Non trovando reali alternative a queste politiche, di fatto avallate a livello regionale, Maoloni denuncia la subalternità della linea maggioritaria in seno alla Cgil e al congresso del 1981 firma una mozione e tiene un intervento, molto apprezzato dai suoi compagni, contro la relazione del segretario Pettinari. Maoloni ne esce in una posizione minoritaria. Segue un congresso straordinario, tenutosi presso la fiera della pesca al porto di Ancona, a cui partecipa Scheda. All’esterno, Maoloni ricorda che c’erano i lavoratori della Maraldi e delle Cartiere Milani che lo sostenevano, ma la maggioranza dei dirigenti delle diverse categorie votarono per un suo allontanamento. A quel punto, il rapporto con la Cgil diventa irrecuperabile, tanto che una chiamata dell’amico Agostini a nome di un dirigente nazionale riconosciuto e apprezzato come Sergio Garavini per un incarico a Roma non muta i suoi convincimenti. Terminata l’esperienza sindacale, si apre la possibilità di lavorare presso la Lega regionale delle cooperative in cui di fatto, però, non viene impiegato in alcuna attività. In un’occasione incontra l’amico Francesco Lupatelli, già partigiano e presidente della Cassa Rurale di Villa Fastiggi, frazione di Pesaro, che gli propone di entrare in banca con lui visto che avrebbe potuto partecipare ad un imminente concorso. All’entrata in banca segue anche la nomina a direttore. Qui vi resta dal 1983 al 1995, poi, nell’agosto dello stesso anno, viene ‘cacciato’ perché non più in linea con la politica bancaria in auge. Nel frattempo, era già stato chiamato dal Sindaco di Pesaro per un eventuale incarico in Giunta, per il quale il Consiglio di amministrazione della banca si esprime negativamente. Inoltre, si dimette da Rifondazione comunista, senza aderire successivamente ad alcun altro partito, perché aveva parlato con il Sindaco Oriano Giovannelli senza il ‘permesso’ del partito. Dopo la cacciata dalla banca, avvenuta il 5 agosto 1995, partecipa a un concorso pubblico in Comune e viene assunto il 1° gennaio 1996, dove rimane fino al pensionamento nel 2010.

Bruni, Emidio
MdM_IT_P_00530 · Personne · 1928 ott. 05 - 2014 apr. 14

Nato ad Ascoli nel 1928, Emidio Bruni partecipa da giovanissimo alla guerra di Liberazione. E’ stato sindaco di Gradara e consigliere provinciale per 16 anni. Deputato nella sesta legislatura (1968-72) e senatore nella settima (72-76), Emidio era molto conosciuto anche per la sua produzione artistica legata alla fotografia e alla poesia. Muore a Pesaro il 25 febbraio 2014.

De Sabbata, Giorgio
MdM_IT_P_00503 · Personne · 1925 lug. 2 - 2013 lug. 25

Giorgio De Sabbata nasce a Pesaro il 2 luglio 1925. Nel 1942 Si diploma al Liceo Classico Mamiani di Pesaro. Nell'anno accademico 1942-1943 si iscrive all’Università di Bologna (Facoltà di Lettere e Filosofia) e successivamente (anno accademico 1943-1944), si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza. Fra il 1943 e il 1944 combatte nelle fila del Comitato italiano di liberazione (CIL) e dei Gruppi di combattimento; è partigiano della V Brigata Garibaldi Pesaro – Distaccamento Fastiggi e segretario provinciale del Fronte della gioventù (FDG). Terminata la guerra, si laurea (con lode) in Giurisprudenza nell'anno accademico 1947-1948. Al 1949 risulta iscritto all’Albo dei procuratori presso il Tribunale di Pesaro e nel 1950 è iscritto all’Albo degli avvocati presso lo stesso Tribunale. Praticherà ufficialmente la professione di legale almeno fino al 2011.
Nell'anno scolastico 1950-1951 Inizia la sua attività di insegnante in qualità di professore di materie giuridiche ed economiche presso l’Istituto tecnico Bramante di Pesaro; insegna anche dal 1954-1955 al 1959-1960, prima di essere nominato insegnante di ruolo per effetto di concorso ordinario il 1 ottobre 1960. Il 4 maggio 1951 si dimette da membro della Giunta provinciale amministrativa (GPA) in quanto candidato alle elezioni amministrative nelle fila del Partito comunista italiano (PCI). Nel giugno 1951 è eletto consigliere comunale del Comune di Pesaro con 12557 voti. Fra il 1951 e il 1959 è Assessore alle Finanze del Comune di Pesaro. Nel 1956 viene eletto membro del Comitato federale della Federazione provinciale del PCI di Pesaro e Urbino.
Nel Giugno 1957 Sposa Guya Cantoni con rito civile a Bologna, seguito dal rito religioso a Roma. Per undici anni, dal 4 maggio 1958 al 20 luglio 1970, è sindaco del Comune di Pesaro
Il 27 maggio 1960 viene nominato a far parte della ‘nuova’ Commissione nazionale per gli enti locali del PCI. Dal giugno 1970 al 20 marzo 1972 è Consigliere regionale della Regione Marche. Fino al 18 gennaio 1971 è vice presidente del Consiglio regionale delle Marche; è membro della Commissione consiliare per la redazione dello Statuto della Regione.
Fra il 1967 e il 1971 De Sabbata ricopre all’interno dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) diversi ruoli: membro della Commissione Finanza locale (nel 1967 e nel 1969); membro del Consiglio nazionale e componente del Comitato esecutivo (nel 1971).
A partire dal 1972 partecipa a sessioni del Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa (CPLRE), per conto del quale farà parte, negli anni successivi e in qualità di esperto, di gruppi di lavori diversi (sul controllo dell’applicazione della Carta europea dell’autonomia locale, sulla regionalizzazione in Europa, sulla situazione della democrazia locale negli stati membri, sui diritti e le responsabilità dei cittadini) oltre a ricoprire il ruolo di formatore dei redattori della relazione sulla democrazia locale e regionale in Romania.
Dal 1972 al 1976 è Deputato della Camera durante la VI legislatura (durante la legislatura è componente dei seguenti organi parlamentari: Giunta delle elezioni, II Commissione Interni, Commissione parlamentare per le questioni regionali). Fra il 1973 e il 1976 è Segretario nazionale della Lega per le autonomie e i poteri locali (è direttore della rivista “Il Comune democratico” (periodico della Lega) fino all’aprile 1977).
Già nel 1976 fa parte del Consiglio nazionale dell’Associazione italiana per il Consiglio dei comuni d'Europa (AICCE), poi Associazione italiana per il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (AICCRE) e, negli anni Ottanta e Novanta, della Direzione e del Consiglio nazionale.
Dal 1976 al 1987 è Senatore durante la VII, VIII e IX legislatura. Durante le predette legislature ha ricoperto i seguenti incarichi:
VII legislatura: questore del Senato, membro della VI Commissione permanente (Finanze e tesoro), della Giunta per gli Affari delle Comunità Europee, della Commissione parere trattati di Lussemburgo del 1970 e della Commissione consultiva regolamenti della Comunità economica europea (CEE).
VIII legislatura: membro della VI Commissione permanente (Finanze e tesoro), della Commissione speciale per l’esame di provvedimenti riguardanti la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto del novembre 1980, della Giunta per gli Affari delle Comunità Europee, della Commissione parlamentare per il parere al Governo sui testi unici concernenti la riforma tributaria, della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia, della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2.
IX legislatura: membro della Giunta per il regolamento, della I Commissione permanente (Affari Costituzionali), della Giunta per gli affari delle Comunità Europee, della Commissione consultiva regolamenti della Comunità economica europea (CEE).

Dal 18 luglio 1974 al Settembre 1990 è Presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Gioacchino Rossini; terminato l'incarico di Presidente, dal Settembre 1990 al 1995 è Membro del Consiglio di amministrazione della Fondazione.
Dal Luglio 1975 è membro della Sezione Regione ed enti locali del PCI. Nel 1979 fa parte della Direzione nazionale della Lega per le autonomie locali. Nel 1980-1981 è membro del Comitato direttivo dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI). Al 1981 risulta far parte del Consiglio internazionale della Federazione mondiale delle città unite (FMCU), per conto della quale partecipa a riunioni, conferenza, congressi, gruppi di lavoro e per la quale ricoprirà l’incarico, a partire dal 1991, di segretario generale del Comitato esecutivo italiano.
Il 12 dicembre 1985 è formalmente invitato a far parte del Comitato degli esperti della Fondazione Scavolini, ruolo che ricopre almeno fino al 1987. Fra il 1988 e il 1992 è collaboratore dell’Agenzia dei servizi interparlamentari in qualità di consulente in materie europee dei gruppi parlamentari della Camera e del Senato del PCI. Nel Giugno 1990 è presidente del Comitato federale della Federazione provinciale del PCI di Pesaro e Urbino.
Dal 1992 al 1994 è Consigliere comunale del Comune di Gradara, mentre dal 26 aprile 1995 al 18 dicembre 1995 ricopre la stessa carica presso il Comune di Mombaroccio; si dimette a causa di «un’autorevole candidatura a difensore civico nella Regione». Infatti, dal 20 dicembre 1995 è Difensore civico della Regione Marche (nominato dal Consiglio regionale). Il 5 gennaio 1996 viene nominato difensore civico con decreto del presidente della Giunta regionale delle Marche n. 3 del 5 gen. 1996 ai sensi dell’art. 3 della L.R. Marche n. 29/8.
Muore a Pesaro il 27 luglio 2013.